E l’Italia sprofonda

Che se ne buggerassero dei problemi del Paese, del lavoro, dell’economia, era chiaro da prima che scoppiasse il virus cinese, figuriamoci adesso che avranno la scusa per giustificare i fallimenti. Sia chiaro l’animaletto virale oltre al superiore allarme sanitario, di certo porterà guai anche nell’economia, ma che il paese arretri solo per colpa sua è una bugia.

Tanto è vero che i previsionali sul 2020 annunciavano temporali a partire dall’autunno scorso e per questo sarebbe stato necessario mettere in piedi una finanziaria in grado di contrastare le flessioni e le contrazioni della crescita. Eppure come se nulla fosse i giallorossi impegnati solo a scongiurare il voto e gestire le poltrone se ne sono infischiati con la manovra che sappiamo sulla quale è inutile tornare visto che oramai è legge.

Come se non bastasse oggi alla scriteriatezza di una finanziaria restrittiva e assistenziale si aggiunge l’effetto del bacillo asiatico e la frittata è fatta, viaggiamo infatti verso una recessione e una involuzione dell’economia. Ebbene mentre ovunque si corre ai ripari pur di evitare il peggio, da noi il governo che avrebbe dovuto sanare gli errori di Salvini, come se l’esecutivo precedente fosse un monocolore, pensa a litigare, a galleggiare fra un ricatto e l’altro, tra una minaccia e un veto.

Tanto è vero che mentre la situazione si aggrava con nuove crisi, licenziamenti, chiusure e fallimenti e i dati sul reddito e sugli sprechi assistenziali confermano il flop da spesa improduttiva, nel Conte bis si pensa ai decreti di Salvini e ad alleanze alternative con qualche transfuga di soccorso. Insomma nel governo ci si occupa degli ultimatum di Renzi, del disfacimento dei grillini, di allargare le maglie dell’immigrazione e degli arrivi, di montare o smontare le coalizioni alle regionali e della spartizione di centinaia di poltrone.

Eppure all’orizzonte si profila una manovra correttiva, non solo perché quella di dicembre è stata una sciocchezza e una finzione contabile, ma perché si aggiungeranno appunto le conseguenze del virus e della flessione generale dell’economia. Di fronte a questo paradiso l’unica proposta, oltre all’ulteriore spesa assistenziale, è di rimodulare l’iva, dunque aumentarla, incredibile ma vero, e inasprire le tasse per qualcuno per diminuirle a qualcun’altro con la scusa di riformare il fisco.

Come se una grande riforma fiscale si potesse limitare ad un ridicolo maquillage sulle aliquote, ad un metti e togli sulle detrazioni, ad un aumento dell’iva su qualche bene e una diminuzione su qualche altro al solo fine di far crescere il gettito complessivo. Insomma in un paese che si ferma e rischia di tornare indietro, con 160 tavoli di crisi, aziende che licenziano e vanno via, consumi fermi e iniziative zero, con un carico fiscale da paura e un sistema riscossivo poliziesco, con una burocrazia da paradosso neurologico, si pensa al rimmel e al rossetto.

Ma peggio ancora si spacciano i belletti per grande riforma del sistema, è tutto ciò di cui sentiamo dire dalle parti di un esecutivo che si accapiglia, minaccia trappole e tenta quotidianamente di sventare la crisi che toglie il sonno a Conte e alla compagnia cantante. Nulla più sulla revisione della spesa, sul taglio degli enti inutili, sull’applicazione seria dell’autocertificazione che stroncherebbe la burocrazia, sullo shock per stimolare consumi e investimenti, su una pace fiscale duratura per risanare la guerra fra cittadini e amministrazione.

Nulla sulla spesa assistenziale che serve ai voti ma non all’economia, nulla sul credito agevolato all’idea, nulla sulla ricerca e il sostegno forte alla tecnologia, nulla sul sud perché il piano presentato è solo un libro dei sogni imbellettato e riciclato come le tesi di laurea di qualcuno. Ecco perché diciamo che mentre il governo gioca all’avanspettacolo e a resistere solo per impedire nuove elezioni, il paese sprofonda e la gente è furibonda.

Aggiornato il 18 febbraio 2020 alle ore 10:03