Punto e a capo

Diciamoci la verità, è dal 2011 che l’Unione europea cerca in tutti i modi di colpire la ricchezza degli italiani. Tanto è vero che Mario Monti, grande sostenitore della patrimoniale, fu messo a Palazzo Chigi cacciando con un blitz da spread Silvio Berlusconi.

Il “genio” della Bocconi ci riuscì solo in parte con l’introduzione dell’Imu, acronimo già previsto, e il contemporaneo aumento a raffica del classamento e dei valori catastali degli immobili posseduti da oltre l’80 per cento degli italiani. Perché sia chiaro, la ricchezza personale dei cittadini è divisa sostanzialmente fra immobili, depositi e titoli del debito pubblico che per il 70 e passa per cento sono nelle tasche nostre. Dunque delle due l’una, o insistere sulla casa oppure deviare sul resto del patrimonio.

Ma il caso, si fa per dire, ha voluto che in contemporanea con Monti alla guida del Governo, alla Bce si insediasse Mario Draghi e che quest’ultimo, per contrastare la tempesta finanziaria scatenata dai subprime Usa, iniziasse col famoso “whatever it takes” una politica di Quantitative easing senza precedenti. Ebbene è noto a tutti quanto questa politica straordinariamente accomodante fosse invisa ai tedeschi che, seppure beneficiandone in parte, hanno sempre manifestato la loro contrarietà a partire dal capo della Bundesbank, Jens Weidmann.

Sia come sia e tralasciando i noiosi passaggi tecnici dell’articolato Qe adottato da Draghi attraverso strumenti anche non convenzionali di finanziamento del debito pubblico dei singoli Paesi, alla fine della fiera le banche italiane in questi anni si sono messe in pancia ben oltre 400 miliardi di titoli. Parliamo ovviamente di debito sovrano, ed è proprio su questo che si è andata concentrando l’attenzione del Mes e delle sue modifiche nell’eurogruppo di giugno, perché il cosiddetto “Fondo Salva-Stati” è concentrato sul sistema bancario, tanto è vero che molti lo chiamano “salva banche”.

Ora soffermiamoci sul concetto di patrimoniale; si tratta di una tassa straordinaria che colpisce il patrimonio, che può essere immobiliare ma anche mobiliare, titoli, depositi ecc., insomma un modo per sottrarre ricchezza privata. Ebbene, la sottrazione può avvenire in due modi o imponendo una aliquota aggiuntiva al valore dei beni, oppure imponendo una svalutazione degli stessi, il risultato finale è lo stesso, qualcuno paga e ci rimette. A questo punto, se attraverso il Mes l’Italia dovesse mai chiedere un prestito e la ponderazione sui titoli pubblici prevista dall’organismo li ritenesse non completamente affidabili chiedendone la ristrutturazione al 70 per cento, i 400 miliardi posseduti dalle nostre banche ne perderebbero 120. Col risultato finale che gli istituti di credito, dovendo fronteggiare il terremoto ed in presenza delle regole del bail-in, si rivarrebbero automaticamente sui risparmiatori e sui depositanti accollando a loro il costo della svalutazione e della ristrutturazione.

Ma se tutto ciò non bastasse qualora per effetto della ponderazione del debito pubblico prevista dal Mes ci ritrovassimo declassificati, lo spread schizzerebbe chissà quanto e insieme a lui gli interessi al servizio del debito stesso; insomma, piazzare i btp ci costerebbe un botto.

Ecco perché parliamo sia di rischio estremo delle clausole firmate sul “Salva-Stati”, e sia di una forma occulta seppure ipotetica di patrimoniale garantita in capo agli italiani. Per farla breve, la Ue ha fatto rientrare dalla finestra ciò che non era riuscita fino ad ora a far entrare dalla porta dell’Italia e degli italiani; una spada di Damocle sulla ricchezza privata dei cittadini, un rischio enorme di ritrovarci tutti con le tasche saccheggiate. Certo, il Mes dovrà essere ratificato e si cerca, solo ora, di migliorare qualche clausola sull’unione bancaria e sui metodi di voto e delle maggioranze necessarie, ma l’impianto oramai è chiaro, sarà immodificabile, dunque la frittata è fatta grazie al Conte uno e a quello bis. Punto e a capo.

Aggiornato il 05 dicembre 2019 alle ore 11:06