Politica italiana: vuoto cosmico

giovedì 21 novembre 2019


Non serve un analista politico per capire che l’Italia versa in una situazione disperata. Ovviamente starete pensando che questa è una non notizia, se non proprio una notizia del menga, perché d’altronde il nostro Paese è sempre stato dipinto sull’orlo del baratro ma poi non è morto mai.

Il solito piagnisteo “chiagne e fotte” dei soliti italiani, la solita sterile polemica condita del solito “benaltrismo”. Ma c’è un di più costituito dal fatto che questa volta a mettere in crisi il nostro Paese sono fatti ben circoscrivibili, concreti e non le solite considerazioni filosofiche. Questo Governo non ha una cattiva politica industriale. Questo Governo una politica industriale non ce l’ha per niente e rischia di rimanere vittima degli eventi.

Prendiamo ad esempio il caso Ilva: il Governo fa finta di ascoltare tutti, ma nei fatti è così debole da non avere la forza di toccare palla e di prendere decisioni. E così diventa lo spettatore ebete delle forze in campo che si stanno facendo la guerra: da una parte ci sono quelli che pretendono la chiusura dello stabilimento (onde poi lagnarsi quando il siderurgico non verrà smantellato e la crisi occupazionale si farà sentire), dall’altra c’è chi quello stabilimento lo vuole tenere aperto a tutti i costi, poi c’è la magistratura e infine c’è il Gruppo Mittal che è arrivato in Italia a fare un po' come gli pare stante la debolezza della controparte politica.

Se ci fosse un potere esecutivo, esso dovrebbe fare sintesi tra le diverse esigenze pretendendo di non chiudere un asset fondamentale per la Nazione assicurandosi (sul serio) che vengano impiegate le migliori tecnologie esistenti in tema di ambientalizzazione. Invece c’è il vuoto, così come c’è il vuoto sul caso Alitalia, c’è il vuoto sul caso Whirlpool e su tutti i 158 tavoli di crisi aziendali aperti al Ministero del Lavoro.

Venezia è l’esempio plastico di un Paese che affonda morente per l’incuria incrostatasi negli anni senza che nessuno se ne sia mai preoccupato.

Questi sono fatti reali, esempi tangibili che giacciono lì a certificare che l’Italia è immobile mentre pian piano si disgrega il suo tessuto produttivo, il suo tessuto sociale, la sua arte, la sua cultura, la sua credibilità, la sua storia. A questo bisogna aggiungere l’ennesima delusione di un popolo che ancora una volta aveva creduto nella rivoluzione portata avanti dai Cinque Stelle e invece si è trovato di fronte a degli incompetenti scappati di casa che – per giunta – si comportano come gli altri (vedi il caso di Elisabetta Trenta e della casa del Ministero). La gente è delusa ed esasperata dall’ennesimo spettacolo indegno. Va da sé che un esecutivo sorretto da una maggioranza invisa ai più sia debole per definizione e quindi incapace di muoversi.

Ma l’instabilità politica si arguisce anche dalla litigiosità in seno alla compagine che sostiene il Governo. Basti pensare che sulla manovra economica la maggioranza ha presentato duemila emendamenti contro se stessa come se si giocasse allo sfascio. Un provvedimento rabberciato, scritto contro le imprese e per giunta rinnegato da tutti come se fosse figlio di nessuno.

Di fronte a questa crisi (politica, economica e istituzionale) ognuno mette in campo le ricette che ha o quantomeno quelle che appaiono più appealing per l’elettorato. A Nicola Zingaretti deve essere sembrata una gran figata rispondere alle difficoltà del Paese invocando subito un provvedimento per mettere in pista lo Ius soli. Un genio.

Questi devono aver avuto una malattia grave da piccoli perché altrimenti non si capisce come facciano ad essere così indisponenti, fuori contesto ed irritanti. Questi sbagliano una mossa dietro l’altra.

Come ad esempio quella di non staccare la spina al Governo permettendo così a Matteo Renzi di organizzare il suo nuovo partito drenando gli ultimi voti al Partito Democratico così come ha fatto Emmanuel Macron con i Socialisti in Francia. Dal canto suo, Renzi, nel suo delirio megalomane, già ha dimenticato di aver affermato, all’atto dell’insediamento del Conte bis, che esso nasceva per salvare l’Italia dal baratro, sterilizzare le clausole di salvaguardia e rilanciare l’economia. Adesso invece dice chiaro e tondo che la maggioranza deve restare in sella per eleggere un Capo dello Stato amico e per evitare che vinca il centrodestra. Chissà se gli italiani sono d’accordo sul fatto che costui usi per fini privati la cosa pubblica tenendo una maggioranza asserragliata nel palazzo a grattarsi le pere nella speranza di rimontare nei sondaggi. E Sergio Mattarella cosa ne pensa?

Chiaro che poi, nel vuoto della politica, nascano movimenti spontanei come quello delle sardine in Emilia-Romagna i quali – in mezzo a tanto odio verso il nemico e al netto del tentativo di disturbare la propaganda altrui – sono un grido di allarme alla volta di un sistema dei partiti che sembra in coma.

Come se tutto questo c’entrasse qualcosa con il Paese.


di Vito Massimano