Il deputato che non conosce la storia

Nei giorni scorsi il sindaco di Ferrara Alan Fabbri ha proposto la cittadinanza onoraria per Liliana Segre. Il dibattito è stato da subito orientato su un tema molto importante: il portavoce del sindaco ha un cane che si chiama Rommel e al deputato del Partito Democratico Luca Rizzo Nervo non è sfuggita l’incresciosa circostanza. L’onorevole si è affrettato a sollevare il caso pubblicando le foto dell’inconsapevole quadrupede con il proprietario e chiedendo al sindaco come potesse ritenere compatibile l’assegnazione della cittadinanza onoraria a una donna simbolo della Shoah con la scelta di un portavoce così eversivo. Il giornalista che ha riportato la vicenda sulla cronaca locale di un importante quotidiano ha voluto precisare ai lettori eventualmente distratti che il nome Rommel era proprio quello del “famigerato nazista” (ndr).

Il fatto, al di là dell’ironia, pone severi quesiti su come possano allignare simili lacune storiche tra persone in grado di esercitare influenza.

Erwin Rommel, generale tedesco che ha pagato con la morte la sua opposizione al nazismo, è il simbolo del rispetto dei diritti umani anche in situazioni di assoluto disagio quali sono i conflitti armati tanto da aver creato tra gli storiografi inglesi “il mito Rommel”.

Soprattutto durante la campagna d’Africa si era dimostrato molto attento al rispetto dei diritti dei prigionieri. Controllava di persona che i soldati catturati fossero alloggiati in locali dignitosi, che non fosse usata violenza nei loro confronti e che le razioni di cibo corrispondessero alle quantità previste dalle norme internazionali. Gli ufficiali inglesi mal sopportavano le parole di stima che militari delle proprie unità indirizzavano nei confronti della “volpe del deserto” proprio per quelle caratteristiche di umanità ben sintetizzate nel suo libro autobiografico “Guerra senza odio”, in seguito divenuto un best seller di regole cavalleresche da seguire in qualunque conflitto. Rommel non obbedì agli ordini di fucilare i commando nemici catturati, anzi li invitava a prendere il tè con lui, e tantomeno di uccidere i prigionieri di origine ebraica. Agli ufficiali sudafricani che in prigionia chiedevano di stare separati dai soldati di colore rispondeva infastidito che per lui i soldati erano tutti uguali indipendentemente dal colore della pelle. Il suo Afrika Korps, caso raro tra le Unità militari della Seconda guerra mondiale, non fu mai accusato di alcun crimine di guerra.

Le origini della sua leggenda sono legate oltreché alle sue doti di comandante e alla sua nota abilità tattica e strategica, alla concezione di “buon tedesco che si oppose al regime” e di “wermacht pulita” che era riuscito ad ingenerare soprattutto tra gli alleati. Leggenda che si consolidò con la sua partecipazione all’attentato del 20 luglio 1944 volto ad assassinare Adolf Hitler, in quell’azione meglio conosciuta come “Operazione valchiria” il cui fallimento siglò la sua condanna a morte da parte del Führer.

Ad alimentare ulteriormente il leggendario prestigio del generale tedesco fu il libro “Rommel, the desert fox”, scritto negli anni Cinquanta dal generale inglese Desmond Young, fatto prigioniero dai tedeschi in Nord Africa e testimone diretto, pertanto, del trattamento cavalleresco e rispettoso riservatogli dall’avversario. Il generale Claude Auchinleck, comandante delle forze britanniche in Africa, nella prefazione del libro onorava Rommel “come soldato e come uomo”. Anche uno dei più accreditati storici inglesi, Basil Liddel Hart, non mancò di tessere elogi alla figura di Rommel in un altro famoso libro che riassunse gli scritti dello stratega tedesco: “The Rommel papers.

Chissà se il giornalista della cronaca di Ferrara sa che il tempo asseritamente mai trovato per incontrare Benito Mussolini nel teatro di operazioni africano Rommel lo dedicava per andare a visitare i militari italiani feriti negli ospedali da campo. Lo stesso Winston Churchill contribuì a sostenere l’immagine eroica descrivendolo come “straordinario avversario, audace, umano e intelligente”. Probabilmente Churchill rispetto al nostro Rizzo Nervo aveva qualche elemento in più per formulare giudizi su un uomo oggetto di dibattiti infiniti da parte di storici e politici.

 

Aggiornato il 15 novembre 2019 alle ore 16:04