Utili idioti & morti viventi

La storia di questa Repubblica, sempre più lugubre, nata tra infausti compromessi, lacerazioni profonde e insanabili contraddizioni, solo apparentemente liberale ma oscura anche a se stessa, è costellata, oltre che di una maleodorante sequela di corruttele, parassitismo, clientelismo e cronache giudiziarie, anche di desolanti, spesso riusciti, “colpi di Stato”. Ma non quelli, reali o presunti, a cui facevano spesso riferimento le cronache dei passati decenni, bensì quelli surrettizi, subdoli, silenti, messi in atto dalle somme cariche dello Stato per mettere fuori gioco, estromettendole dagli apparati del Grande Potere, forze politiche avverse, invise alla imperante ideologia di “cripto socialismo reale”, che da sempre ha funestato questo Paese, subito a ruota di quelli allora dichiaratamente comunisti, umiliando in tal modo anche volontà popolari palesemente diverse. 

In “Il voto plastico” di poco meno di tre anni fa, appunto, preso ad esempio il “colpo di Stato” messo in atto dal re il 25 luglio del ’43, allorquando riassumeva i poteri previsti dallo Statuto, poteri ormai desueti per una sorta di “materialità costituzionale” così come era venuta consolidandosi con il regime fascista, ne svolgevo un parallelo con il coup d’Etat mattarelliano posto in essere, sebbene nel rispetto formale della norma costituzionale, nel riproporre, non tenendo conto di siffatta materialità poggiante su difformi volontà politiche, un monstrum sinistroide pur a fronte della debacle renziana a seguito dell’esito referendario. 

Di nuovo ora, la bieca, macabra messa in atto di in nuovo coup d’Etat, ad opera del medesimo personaggio, nell’affidare il Governo della nazione a forze politiche chiarante perdenti nelle ultime consultazioni elettorali, perpetuando così l’abiezione di un Paese che non riesce a reagire alla valanga di immondizia che lo ricopre. Già, un Governo di sinistroidi “apprendisti stregoni”, diventati ora anche “utili idioti”, e di “morti viventi”: paracomunisti, postcomunisti e comunisti tout court, con tanto di “paludato interprete”, inverniciato di democrazia, alla sua guida, che si autoreferenzia come eminente stratega politico al servizio della nazione.

Del resto, v’è che le già manifestate intenzioni, le lusinghe turpi e i primi provvedimenti di questo Governo, da quelli economici e sociali a quelli sull’immigrazione, perfettamente in linea con la sua spiccata ideologia “cripto socialcomunista”, autoritaria e smaccatamente collettivistica, sono assai poco esaltanti, per non dire vergognosi e degni di Paesi terzomondisti e/o ad economia dirigistica, l’esatto contrario di quella liberista.

I comunisti, allora alla luce del sole, rappresentavano apertamente i nemici da battere; quelli attuali, invece, mimetizzati tra le pieghe del potere, eccitati da successi insperati e coadiuvati dai trastulli di intellettuali ai margini, continuano incessantemente ad aggirarsi, tra equivoci e doppiezze, con la loro anima nostalgica e disperata, viscidi e striscianti, nelle due stanze, il manicomio e la fogna, in cui hanno ridotto questo Paese; in ciò egregiamente coadiuvati e emulati dal Movimento 5 Stelle, il quale, sorto dal V-Day, nel settembre 2007, come espressione di illusorio furore antipolitico, soprattutto nella forma passiva come interprete del carattere truffaldino della politica, ha subito una sorta di pseudomorfosi acconciandosi pur’esso al potere. Per di più con la pretesa di trasformare l’azione dell’Autorità Governante da “nel miglior modo possibile” secondo la pedagogia e la razionalità del metodo liberale, basata fondamentalmente sulla responsabile determinazione dei singoli nella gestione della vita sociale, in eudemonistica, aderendo in tal modo al fideismo escatologico del credo marxista, la versione secolarizzata della soteriologia teologica del cristianesimo e dell’ebraismo.

Una sorta di psicodramma, dunque, quello che sta attanagliando questa nazione incompiuta, in cui trovano posto prove di “regime” e istanze semitotalitarie, una perniciosa isteria collettivistica strisciante per via democratica, un “tutti noi” dove il consenso popolare viene demolito dalle bugie del monstrum governante in atto, rompendosi definitivamente, in tal modo, il rapporto tra Stato liberale, costituzionalismo e livelli di democrazia sostanziale, in nome di una sorta di rivoluzione antropologica e politica, come religione laica officiata da una nuova casta sacerdotale impregnata di una concezione giacobina, estranea al liberalismo e propria di una “democrazia totalitaria”, secondo la definizione di essa formulata da Jacob Talmon.

Si sa quanto arduo sia stato, dopo l’Unità, il cammino della democrazia liberale, ma ora si è definitivamente spezzata non solo la catena base dello Stato-nazione, ma anche quella della Democrazia rappresentativa, un tradimento vigliacco e assassino della rappresentatività democratica, come già ebbi a scrivere, con il triste epilogo del principio della sovranità popolare, ciò che rappresenta l’alfa e l’omega dell’azione del monstrum governante in atto, teso ad instaurare una sofisticata “tecnologia di dominio” come mai si era vista in passato, anche nei tempi più cupi di questa oramai degradata Repubblica in cui tantissimi non riescono più a riconoscersi, diventata una “Repubblica del sud”; una Repubblica di un Paese triste, dove tutti dovremmo chiederci se ciò sia il frutto avvelenato di un delitto premeditato ovvero di una disfatta politico-istituzionale: tertium non datur! Una paranoica deriva oligarchica, per non dire paratotalitaria e illiberale, dunque, quella icasticamente rappresentata, in cui si stanno dissolvendo valori e dignità, monumenti oramai da abbattere su cui il regime in atto scarica volutamente i suoi escrementi, e dove è messo in discussione persino il carattere, assolutamente non negoziabile, della libertà, sempre più una formula astratta che non riesce a garantire l’uso imparziale e oculato del potere, valore fondante e indeclinabile, invece, della teoria liberaldemocratica.

Un drammatico, pietoso epilogo, dunque, un oggi di nebbia che ricopre questa Italia, da patria del diritto scaduta a patria del rovescio, una Italia distratta e qualsiasi ora preda di esseri idioti e folli, un pidocchiume affamato di nuovi e vecchi Hyksos, nell’ambito di una schizofrenia progressista che, da molti, troppi anni a questa parte, nonostante il miserando crollo del comunismo, è sistematicamente impegnata a delegittimare tutti i valori del liberalismo in una prospettiva non ben definita, ma di certo mortale per la democrazia.

Una dèbacle che non ha precedenti nella storia di questo Paese, se non per la parentesi fascista, in cui però, a torto o a ragione, almeno si appalesava una prospettiva da grande potenza, ancorché in realtà non lo fosse affatto, basata, nella visione del regime, su un piedistallo mitologico imperiale, mediterraneo e africano. Una democrazia pervertita e invertita, dunque, perché integralizzata e fascistizzata, divenuta tale ad opera di dissennati personaggi saliti allo zenit del potere politico senza chiamata alcuna: un impiastro democratico in un intreccio grottesco tra tragedia e farsa, mai così vicine, di cui però, a breve, la Storia presenterà il conto.

Aggiornato il 14 novembre 2019 alle ore 13:40