Una triste metafora

Che tristezza e dolore nel vedere le immagini dei danni, dei drammi personali, collettivi, del senso di impotenza di fronte alla forza della natura ma anche della demenzialità e della disonestà politica nostrana.

Osservare un gioiello unico, straordinario, impareggiabile come Venezia ridotto al rischio di catastrofe anche per via della scelleratezza umana, suscita una rabbia incredibile, dalla prima pietra del Mose sono passati 16 anni e ancora è fermo. Persi 3 anni sotto la Giunta Cacciari perché il filosofo cercava altri progetti, nel 2006 con Romano Prodi finalmente il Mose ebbe lo start, dopodiché da allora ad ora fra inchieste, arresti, dubbi, commissari ad acta e indecisioni, una via crucis che ancora non finisce mentre a Venezia il mare cresce e la divora.

In 16 anni in un Paese normale avrebbero costruito una città, uno scalo internazionale, una struttura fenomenale, basterebbe pensare all’America e alla Cina, solo per citarne due. Da noi invece dall’idea al fatto c’è l’assurdo di un sistema che tra burocrazia, veti politici di protagonismo, proteste di gruppi organizzati, governi diversamente orientati, corruzione e mala gestione, blocca tutto in cambio di rischio, trascuratezza e disperazione.

In Italia da troppo tempo solo pensare ad un grande progetto è una follia, il ponte di Messina è una favola che dura da decenni, per non parlare dei valichi, delle autostrade, dei porti, aeroporti e della messa in sicurezza del territorio. Eppure negli anni del boom era diverso, l’Autostrada del Sole, 760 chilometri da Napoli a Milano, in otto anni dal ’56 al ’64 fu inaugurata, pensate che prima di allora per andare dal capoluogo campano a quello lombardo si impiegavano due giorni, incredibile ma vero.

Col sistema attuale, tra vincoli, potere di interdizione e giurisdizione, follia di leggi e leggine, permessi e concessioni, ci vorrebbero due generazioni; insomma, otto anni basterebbero sì è no per il benestare al progetto. Ma se non bastasse l’Autostrada del Sole, potremmo ricordare a tutti che sempre negli anni del miracolo economico a Roma l’aeroporto “Leonardo da Vinci” di Fiumicino fu realizzato in poco più di 3 anni, dal ’58 al ’61; parliamo ovviamente della versione iniziale che fu comunque un successo nazionale.

Ecco perché viene da mettersi le mani nei capelli nel vedere come siamo cresciuti storti, come a forza di aumentare la burocrazia, il numero di leggi, di istituzioni perché allora le Regioni non esistevano, a forza di ingigantire l’apparato statale ci siamo condannati solo al male. Pensate che in occasione delle Olimpiadi di Roma nel 1960, il Villaggio olimpico, un gioiello d’architettura che ancora oggi è un modello, fu realizzato in meno di 3 anni, liberando quell’area di baraccati e case fatiscenti per costruire le case dei partecipanti.

Insomma, viene la pelle d’oca a vedere come ci siamo ridotti rispetto ad allora, eppure la tecnologia non era la stessa, mezzi e attrezzature pure, ma c’era la volontà politica, la condivisione, la certezza tra il detto e il fatto, l’obbligo di non intralciare le opere di interesse nazionale. Ebbene, passati 50 anni ci ritroviamo al No-Tav, No-Tap, al Mose appunto, alla Salerno-Reggio Calabria, ai passanti, alla gronda di Genova, agli invasi dei fiumi bloccati, ai termovalorizzatori impediti, al ponte di Messina che resta un sogno shakespeariano. Roba da matti, come facciamo?

E in mezzo a questo quadro desolante da un anno e mezzo c’è al Governo il movimento dei grillini che ritiene assurdo il Mose, la Tav, la gronda e il suo passante, che per la decrescita felice blocca ogni opera importante, come se non bastasse la follia di tutta la burocrazia ingigantita per ipocrisia. Ecco perché c’è la necessità di riscrivere la Costituzione, per crescere, snellire, abolire, chiudere, cambiare tutto, dalla giustizia alla Pubblica amministrazione, dalle Regioni ai poteri dei Comuni, dagli enti inutili agli uffici futili, dalla forma di governo al bicameralismo che oramai è un inferno.

Aggiornato il 14 novembre 2019 alle ore 11:14