AncelorMittal, la grana ex Ilva mette in crisi il M5s

Il Movimento cinque stelle è diviso sullo “scudo penale” da accordare all’AncelorMittal sul caso Ilva. Luigi Di Maio ha detto ieri che “piacerebbe a tanti imprenditori avere una norma come questa. Ma se provochi un disastro ambientale devi pagare”. Per il leader grillino “sarebbe un problema enorme per la maggioranza. Se cominciamo con gli sgambetti, Italia viva è quella che ha più da perdere”. Sull’ipotesi della nazionalizzazione Di Maio ha detto che “sarebbe come dare un alibi agli indiani. Sarebbe come dire che possono andarsene. Invece devono restare qui. Andremo contro di loro in giudizio”.

Oggi Di Maio, all’uscita dalla Camera, ha detto che “è una questione tempo. Tutti pensano al contenzioso con Mittal sia lungo ma il ricorso d’urgenza che presenteremo in pochi giorni ci dirà se Arcelor può arrogarsi la decisione di andarsene così. In pochi giorni ci sarà la prima risposta, poi ci sarà un lungo contenzioso ma intanto l’obiettivo è fare in modo che Arcelor si sieda al tavolo e ritiri la procedura”.

Ai microfoni di Radio 24, il ministro degli Esteri ha dichiarato che non ha “cercato di piazzare l’Ilva ai cinesi perché io credo che ci sia ancora che ci sia un interlocutore che è Arcelor Mittal”.  Ma non vuole sentir parlare di ‘piano B’ sull’Ilva di Taranto. “Se già stiamo parlando delle alternative – ha ribadito – noi stiamo già consentendo loro di andarsene. Siccome non lo abbiamo consentito a Whirlpool, seppure con dimensioni del tutto diverse, non possiamo concedere la stessa cosa. Il problema è che quando si parla di Taranto si parla anche di tutti i cittadini che respirano in quella città. Noi avevamo firmato un contratto con ArcelorMittal che portava anche ad un adeguamento ambientale dell’impianto con investimenti di oltre due miliardi di euro e si devono fare. Il nostro obiettivo è, anche in sede giurisdizionale, fare in modo che Arcelor non possa andar via”.

Per Di Maio, “non esiste la bacchetta magica. Ma tengo anche a dire che qualsiasi considerazione su un ‘piano b’ è affrettata. Se lo facciamo l’azienda subirà meno pressione. Aziende, sindacati politica, istituzioni locali e nazionali, devono fare pressione e moral suasion per farli rimanere. È una questione di rispetto dello Stato: non vieni in Italia a novembre 2018 a firmare e dopo un anno te ne vai”.

Roberto Calderoli, vicepresidente leghista del Senato, attraverso una nota attacca duramente il capo pentastellato. “Prima Di Maio sui quotidiani che annuncia il suo ‘niet’ alla reintroduzione dello scudo penale per l’ArcelorMittal, poi la Commissione Finanze della Camera che dichiara inammissibili gli emendamenti di maggioranza e opposizione per la reintroduzione dello scudo fiscale. Ci rendiamo conto che così diamo ad ArcelorMittal l’assist per uscire dagli impegni presi? Per ottusità e miopia politica stiamo condannando l’ex Ilva, i suoi lavoratori, il suo indotto, la produzione dell’acciaio in Italia”.

Secondo Calderoli, “stiamo correndo verso il baratro. Qualcuno tolga il volante al conducente prima che sia troppo tardi. Governare un Paese importante e complesso come l’Italia è come guidare una Ferrari, ma se affidi una Ferrari a personaggi che non sanno andare nemmeno in motorino”.

Aggiornato il 13 novembre 2019 alle ore 17:16