Un sinistro scricchiolio

Il panettone è sicuro non fosse altro per una Finanziaria che, seppure disastrosa, va mandata in porto, ma sulla colomba il dubbio esiste eccome. Insomma, il Premier e il Governo dell’ipocrisia scricchiolano sempre più sinistramente. Sul caso Ilva poi non ne parliamo, perché sia all’interno dei grillini che dello stesso Partito Democratico, tra veti incrociati, fuoco amico e tentativi di tirarsi fuori dall’idiozia drammatica creata, la fibrillazione è alle stelle. Del resto quando si governa a colpi di slogan, ci si unisce per ferire la democrazia impedendo agli italiani di votare, si cerca di mischiare l’acqua con l’olio, è naturale che venga a galla tutto l’imbroglio che c’è stato dietro la formazione di un Esecutivo abborracciato, diviso e sconclusionato.

Giorno dopo giorno escono fuori le incompetenze, la mancanza di visione del Paese, l’assenza di un progetto di sviluppo industriale, di crescita, di rilancio sociale; insomma, appare chiaramente quanto la maggioranza non sia in grado di offrire alcuna speranza. Qui non si tratta solo di una legge di stabilità ridicola, pericolosa, dannosa per l’Italia e gli italiani, ma dell’assenza di ogni decisione in grado di contrastare una recessione che oramai più che alle porte sembra entrata nel presente. Eppure il Governo con la maggioranza che lo sostiene anziché impegnarsi sulle soluzioni possibili e necessarie è concentrato sulla guerra interna e sulle lotte di potere fra le componenti per cercare la sopravvivenza elettorale. Ecco perché fra loro si accusano di tutto, ogni mossa è un trabocchetto per farsi le scarpe gli uni con gli altri; orazi e curiazi, una vergogna che grida vendetta rispetto alla discesa costante del Paese in ogni indicatore economico.

All’interno della maggioranza è in atto un’operazione di sciacallaggio reciproco su tutto, tanto è vero che non c’è accordo annunciato che non venga smentito, non c’è proposta che duri più di un giorno, è solo una monta e smonta quotidiano, un avanzare per tentativi e basta. Certo, Giuseppe Conte è andato a Taranto per affrontare gli umori della gente, una passerella coraggiosa per le cronache e la gloria personale, ma inutile alla soluzione di un problema nazionale che rischia di mettere in ginocchio decine di migliaia di lavoratori in assenza di un accordo con gli investitori. Per non parlare del fatto che il blocco dell’Ilva può costare più di un punto di Pil e in questo momento sarebbe il colpo finale per un’economia che non si muove e rischia di tornare indietro. Del resto l’Ilva non è sola perché dal nord al sud ci sono decine di tavoli di crisi aziendali che non trovano sbocco, se non come per Taranto c’è l’ipotesi di chiamare all’appello la Cassa depositi e prestiti, quest’ultima diventata una sorta di acquasantiera dove mettere le mani, un pronto soccorso. Col rischio, oltretutto, che a forza di infilare la Cdp in ogni problema di finanziamento e partecipazione fallimentare si finirà con l’inguaiare malamente pure quella.

In compenso si è sbloccato il turnover pubblico, col risultato che ci ritroveremo centinaia di migliaia di statali assunti, alla faccia della revisione della spesa; insomma, anziché investire per rilanciare la produzione e il lavoro produttivo si fa il contrario, per avere in cambio costi e disservizi. Perché, sia chiaro, da noi non solo l’apparato statale è mastodontico, esuberante, dispersivo, ma restituisce ai cittadini un servizio inefficiente, snervante; tanti soldi spesi male come se non bastassero quelli del reddito di cittadinanza e quota 100. C’è solo da augurarsi che lo scricchiolio diventi una frattura e subito dopo una rottura di questa maggioranza messa in piedi contro il voto, l’intelligenza e, peggio ancora, la speranza.

Aggiornato il 11 novembre 2019 alle ore 12:28