La voglia matta di centrodestra

giovedì 7 novembre 2019


A partire dal marzo 2018, quando la coalizione tra Salvini Meloni e Berlusconi risultò la prima, è stato tutto un crescendo e accelerando rossiniano, nel senso di una crescita costante e progressiva dei numeri elettorali e della voglia della gente di essere governata dal centrodestra. Tanto è vero che non solo ogni tornata amministrativa è stata vinta dal terzetto, ma la somma attuale, se si votasse per le Politiche, cifrerebbe Matteo Salvini, Giorgia Meloni e il Cavaliere intorno al 50 per cento, 13 punti in più in un anno e mezzo.

Per farla breve, dal nord al sud del Paese i cittadini confermano il dissenso contro un Governo imposto da una forzatura costituzionale che, seppure legittima, si appoggia ad una maggioranza nata sull’ipocrisia che la maggior parte della gente manderebbe volentieri a casa. Oltretutto, aver tirato al limite il dettato dopo la crisi di agosto – perché la carta non parla solo dei numeri necessari in Parlamento, ma di armonia e coesione negli intenti utili al bene collettivo – ha provocato una reazione negli elettori ancora più forte. Del resto, che la sommatoria fra grillini, Matteo Renzi, Nicola Zingaretti e Laura Boldrini fosse bugiarda era evidente anche al più sprovveduto dei cittadini, a meno che non si voglia convincere gli italiani che le offese, gli insulti, gli spergiuri e gli impegni di parola in politica non contino niente. Possibile, ma devastante.

Insomma, se da una parte si dimostra alle persone che ogni promessa e ogni assicurazione dei leader vale zero, dall’altra non si può pretendere fiducia e stima nella guida politica del Paese; elementare Watson, direbbe Arthur Conan Doyle. Ecco perché la reazione conseguente alla presa in giro che c’è stata con la formazione del Conte bis è un aumento prorompente del dissenso, del malumore, della rabbia e del timore verso un’alleanza che per definizione non poteva offrire nessuna garanzia di coerenza.

Ma se tutto ciò non bastasse a giustificare la voglia matta di centrodestra che c’è in giro, si può aggiungere la ciliegina della vergogna e della manfrina di Governo e maggioranza sulla Finanziaria e su tutte le questioni di primaria importanza, a partire dall’ex-Ilva. Sulla Legge di stabilità stendiamo un velo pietoso perché dimostra quanto il Conte bis sia pericoloso: tasse, manette, confusione, garbugli a profusione, ogni giorno c’è un taglia e cuci, un monta e smonta, certezze e smentite, perché all’interno non esistono quelle complicità annunciate. Oltretutto, anche quel poco di concordato sulla legge dorsale per l’economia è l’esatto opposto di ciò che servirebbe per risalire la china, stimolare lo sviluppo, l’occupazione e il necessario per incamminarci sulla giusta via; insomma, una Finanziaria figlia della sinistra e della sua ipocrisia.

Ipocrisia sulle tasse, ipocrisia sul fisco amico che si vuole trasformare in un plotone d’esecuzione della dichiarazione, sui navigator e sul reddito, che anziché aiutare a lavorare regala uno stipendio ai brigatisti e agli imbroglioni; ipocrisia sulla ripresa che la Finanziaria trasformerà in parte lesa. Quale ripresa ci può essere aumentando le tasse piuttosto del contrario per stimolare, o minacciando sull’uso del contante lo spionaggio nei confronti della gente, o complicando la burocrazia del quotidiano anziché sfoltirla mano mano, o sostituendo al lavoro produttivo la mancetta del divano. Quale ripresa se si fanno fuggire gli investitori col pericolo che li si sbatta sul banco degli impostori, come a Taranto, col rischio di chiudere le acciaierie provocando una tragedia industriale economica e sociale. Sull’ex-Ilva il Governo sta sbagliando tutto, serve trattare non una prova muscolare.

Ecco perché parliamo di voglia matta di centrodestra; con questa maggioranza, con il Conte Bis trasformista eccezionale va tutto a rotoli, tutto male, e la gente è intimorita, preoccupata, tartassata, si sente oppressa e sfiduciata. Dall’Iva all’Ilva con la sinistra è solo una rischiosa pagliacciata.


di Alfredo Mosca