Anche Zingaretti ha il suo tesoretto

giovedì 12 settembre 2019


Da perfetto esponente di un sistema fallito, anche Nicola Zingaretti non poteva evitare di sbandierare il suo tesoretto di riferimento. Lo ha annunciato con una entusiastica nota pubblicata su Facebook, ribadendo il medesimo concetto nel salotto di Giovanni Floris, martedì scorso: “L’apertura di una nuova possibile fase politica e di governo già ci ha fatto guadagnare 600 milioni di euro. In prospettiva potrebbero essere fino a 15 miliardi. Euro che tornano alle famiglie e alle imprese italiane. Ecco perché continuiamo a chiedere una stagione nuova e un Governo di svolta. Per un’Italia che scommette sul lavoro, l’ambiente, la scuola e la ricerca, gli investimenti pubblici e privati”.

Trattasi ovviamente di un classico illusionismo contabile di bassa macelleria, paragonabile alla famigerata finanza creativa inventata da Giulio Tremonti, con la quale turlupinare una collettività particolarmente restia a far di conto e, in modo particolare, a chiedersi chi il medesimo conto alla fine pagherà. E mentre una volta si gonfiavano oltremisura le previsioni di spesa, così da mettere in campo tagli draconiani del tutto inventati, oggi con il segretario dem abbiamo scoperto una nuova via all’inganno finanziario di massa: la speranza di risparmiare qualche briciola su un debito pubblico sempre più colossale.

Ma in attesa che i miliardi “guadagnati” con la nuova stagione di Zingaretti inondino le tasche dei cittadini italioti, la neo ministra grillina del Lavoro, Nunzia Catalfo, appena insediata ha tenuto a precisare che nessuna delle due misure di spesa più rilevanti del precedente Governo giallo-verde, ovvero Quota 100 e Reddito di cittadinanza cosiddetto, verranno toccate. Tanto per fare un paragone con il poderoso tesoretto di Zingaretti, basti dire che la Ragioneria generale dello Stato stima che solo la citata Quota 100 ci costerà una aggravio previdenziale di 63 miliardi nel periodo 2019/2036. In soldoni, vi sarà una maggiore spesa previdenziale per uno 0,2 per cento di Pil all’anno, cioè più di quanto cresceremo nel 2019, se cresceremo.

Ma niente paura. Se il teorema del presidente della Regione Lazio si rivelasse corretto, al fine di coprire queste ed altre spese pazze, potremmo addirittura aumentare e di molto il debito sovrano, così da “guadagnare” ulteriori miliardi di euro in mancati interessi da pagare.

Una sorta di moto perpetuo applicato alla finanza pubblica che solo una mago della politica moderna poteva creare dal nulla. D’altro canto, se togliamo alla stessa politica italiana una tale sovrastruttura di scemenze sparacchiate a mitraglia solo per ottenere un effimero consenso, anche meno di nulla rimane. Se il nuovo che avanza è questo, non ci resta che piangere.


di Claudio Romiti