Il sogno dello sfasciacarrozze

venerdì 19 luglio 2019


Tante nubi oscure si stanno addensando sulla nostra scena politica, anche se non è affatto scontato che esse si urtino, avendo un qualche effetto dissolutore sul Governo Conte. Del resto questa condizione esistenziale appartiene allo stesso Dna dell’Esecutivo giallo-verde: un silicone speciale che ha incollato insieme due parti di elettorato assolutamente incompatibili tra di loro. Però l’aggiunta di molte gocce di potere clientelare ha compiuto il miracolo e non è affatto scontato che esso perda la sua capacità di distribuzione ulteriore.

Per dirla tutta, la verità, capisco gli adolescenti parlamentari pentastellati che sono nel pieno di una crisi identitaria: combattuti tra un travaglio esistenziale che pone l’idealità sognatrice da una parte e la concretezza dell’attività di governo dall’altra, in un assoluto cortocircuito che neppure le rigonfie buste paga di ogni mese riescono a far digerire.

È il caso del rispetto dei parametri percentuali di debito pubblico concordati dai precedenti Esecutivi con la Comunità europea; dell’avanzamento del sistema Tav; delle intoccabili concessioni autostradali; della compagine societaria raffazzonata su per Alitalia; per il confermato mantenimento delle intese sottoscritte “da quelli di prima” con la Comunità europea, ecc. ecc..

Di tal guisa, il “vissuto reale” ha di fatto soppiantato il “promesso sogno dello sfasciacarrozze”, che ha sconvolto le cervici di poveri dilettanti fatti sedere in Parlamento solo per togliersi lo sfizio di certificare come questo sia un Paese che ragiona con l’istinto primordiale. Bel lavoro. Grande effetto, perché il Movimento 5 Stelle (pochi lo hanno presente obnubilati di elezioni diverse e sondaggi) è pur sempre il partito di maggioranza relativa in questo Parlamento. Un dettaglio che è sostanza. Ebbene, questi poppanti non sono affatto rilassati per il fatto di trovarsi, dall’altra parte del tavolo, comodamente spaparanzato, un indomito biscazziere, che della “ragion di Stato” se ne fa un baffo. Pervaso tutto dal combinato-disposto “selfie-crescita nei sondaggi” che i social network alimentano a più non posso.

Cosicché il grado di esaltazione trasferitogli, nel Dna, dal suo vero padre (l’Immortale Silvio) fa sì che Matteo Salvini non riesca affatto a riconoscersi come “parte” di una qualsiasi comunità: perché Lui “é” la comunità e chi lo disconosce viene prontamente ghigliottinato. Magari un minuto dopo averci brindato insieme.

Da qualunque parte la si prenda, questa legge bipolare fa molto male all’Italia.


di Sante Perticaro