Formigoni “accetta” la condanna e chiede di fare volontariato

venerdì 19 luglio 2019


Roberto Formigoni “si pente”. Condannato a cinque anni e dieci mesi di reclusione per il caso Maugeri-San Raffaele, dopo quasi cinque mesi trascorsi nel carcere di Bollate, ammette le proprie responsabilità: “Comprendo il disvalore dei miei comportamenti”. Il 72enne ex governatore della Lombardia si presenta nell’aula del Tribunale di sorveglianza, davanti al collegio presieduto da Giovanna Di Rosa, del quale fanno parte il giudice Gaetano La Rocca e due esperte. I suoi avvocati, Mario Brusa e Luigi Stortoni, hanno chiesto gli arresti domiciliari, riservati ai detenuti over settanta.

Ma la legge “Spazzacorrotti” impedisce la detenzione nella propria abitazione. I legali provano a superare il divieto puntando sul principio di non retroattività della norma penale. Sono convinti che essa non vada applicata perché i reati per i quali Formigoni è stato condannato sono stati commessi prima della sua entrata in vigore. Gli avvocati propugnano anche la “collaborazione impossibile”. Vale a dire, la possibilità di concedere i benefici penitenziari anche ai condannati per reati di mafia o di terrorismo, nei i casi in cui i giudici accertino che i condannati, non possano fornire ulteriori elementi utili alla giustizia.

Il sostituto procuratore generale Nicola Balice è contrario alla prima questione, ma si dice favorevole alla seconda. Eppure, per il procuratore aggiunto Laura Pedio, se Formigoni avesse collaborato, avrebbe dovuto, almeno, farsi interrogare. Ma ha sempre rifiutato. Sia nel corso delle indagini che durante i processi. Ha sempre pronunciato delle dichiarazioni spontanee.

Ma oggi Formigoni sembra davvero cambiato. Persino fisicamente. È molto dimagrito. Nell’aula del Tribunale di sorveglianza si presenta indossando una maglietta bianca e un paio di jeans. “Oggi – ammette – comprendo che avrei fatto meglio a farmi interrogare”. Decide di parlare della sua vita in carcere. “Mi conformo alla sentenza”, sostiene. “Sono povero”, continua. L’ex presidente lombardo ricorda il sequestro e la confisca di tutti i suoi beni, incluso il vitalizio che gli versava la Regione Lombardia, dopo quasi vent’anni di presidenza. Diciott’anni, ininterrotti, di monarchia pressoché assoluta. Dice di sapere niente di conti esteri e di società in paradisi fiscali.

Il Tribunale si pronuncerà lunedì. Se la sua richiesta sarà accolta, Formigoni continuerà la detenzione in un’abitazione di Milano, già indicata. Di più. L’ex governatore chiede l’autorizzazione a fare volontariato in un convento di suore.


di Michele Perseni