Lettera aperta a Matteo Salvini

giovedì 11 luglio 2019


Ciao Salvini, poco prima dell’estate 2017 ci siamo incontrati negli uffici di via Bellerio, a Milano; era presente anche una signora, tua amica. Ricordi? Mi permetto un tono confidenziale perché, in quell’occasione, dopo aver sentito poche mie parole, hai esternato vero apprezzamento. Ti sei alzato in piedi, mi hai abbracciato, mi hai proposto di darci del tu e mi hai anche dato il tuo numero di cellulare. Ti scrivo perché ho di quell’incontro un bel ricordo, anche se poi, un po’ per volta, qualcosa è cambiato.

In genere, nelle varie tornate elettorali, non è difficile capire quali siano gli argomenti che vanno per la maggiore. Insomma, non è difficile individuare i temi che colpiscono l’attenzione del popolo, perché lo preoccupano e opprimono. Li hai individuati ed enunciati tu, Matteo Salvini, come li hanno individuati ed enunciati molti di coloro che ti hanno preceduto. Eppure, ciò mi ricorda gli anni di scuola quando, per esempio, leggere il problema del compito in classe di matematica, non voleva dire averlo già risolto.

Da qualche tempo, purtroppo, il popolo scambia l’enunciato con la sostanza. Insomma, sale sul podio un qualsiasi politico di turno, inizia ad elencare i titoli dei temi più “gettonati” e il gioco è fatto. Inoltre, se quel politico si esprime anche con enfasi, spocchia e certe “licenze”, allora il gioco è ancora più fatto.

La suggestione e l’impulsività amputano l’intelligenza, inoltre, oggi esiste una sorta di morbo che porta a considerare certa esuberanza, come alta capacità e libertà di pensiero. Ripeto che individuare i problemi e fornire al popolo quell’esaltazione che lo abbaglia, non è difficile, però è dannoso il permanere dell’incapacità di gestirli e risolverli.

Di là di qualsiasi fantasiosa o soggettiva interpretazione, la politica è soprattutto l’arte dei modi e dei tempi. Ogni leader intelligente sa che la capacità di mediare è una delle maggiori esigenze della politica. Chiedendo accortezza nelle occasioni di dialogo e confronto, detta arte di mediazione rende vittoriosi quanti sanno dimostrare la razionalità e la correttezza delle proprie argomentazioni; invece, se disattesa, essa rende inconcludenti e perdenti coloro che irritano gli interlocutori. I toni e le parole delle lingue “palestrate”, non possono avere la meglio su chi sa impiegare abilità di mediazione e diplomazia, pur senza rinunciare ad essere determinato. Dimostrare d’avere la lingua collegata al cervello, aiuta molto più che dare prova di tenerla collegata altrove. Viene da sé che la competenza politica sia un po’ come la marmellata, ovvero, meno se ne ha e più la si spande. È grave dare l’impressione d’essere un popolo di “concreti” che non sanno concludere nulla.

Sono certo, caro Salvini, che sarai d’accordo con me, se affermo che chi si sente un duro e parla come un pistolero, è facile che sia un pistola.


di Giannantonio Spotorno