Caos Pd, Zingaretti: “Con le Europee fatto solo un primo passo”

Nicola Zingaretti prova a governare il caos interno al suo partito. Dopo la “pace armata” siglata da tutte le anime dem durante la campagna elettorale per le Europee, il “rompete le righe” è stato intonato dai renziani delusi dal trattamento riservato dal Pd nei confronti di uno dei petali del “Giglio magico” Luca Lotti, a proposito della bufera che ha investito il Csm.

“Abbiamo fatto solo un primo passo con il risultato delle Europee”. Sono le prime parole pronunciate dal segretario del Pd, intervenuto alla presentazione del suo libro Piazza Grande a Bologna. “La destra di Salvini – ha detto il governatore del Lazio – è molto radicata e lancia messaggi pericolosi. Ora si tratta di costruire un’alternativa anche attraverso una formula più ricca, più partecipata: si tratta di raccogliere le forze e aprire una seconda fase”.

Rispetto alle fibrillazioni delle correnti, Zingaretti ha detto che “domattina ci sarà una Direzione del Pd: io tenterò di ricostruire, farò uno sforzo per ricostruire in ogni modo uno spirito unitario perché sento su di me tutto il peso di questa responsabilità. In Italia governa Salvini con politiche economiche sociali e culturali drammatiche, e noi non possiamo non vedere che questa deve essere la priorità assoluta. Farò uno sforzo con questo spirito per riaprire un dialogo e verificare le condizioni di un passo avanti insieme, almeno sul terreno della politica e dell’iniziativa politica. È ovvio che in quanto segretario del Pd sento su di me in primo luogo questa responsabilità”.

Quanto all’esito delle comunali in Sardegna, Zingaretti ha ammesso che si stratta di “risultati purtroppo non incoraggianti su cui dobbiamo riflettere”.

Sul caso Lotti, “sono e rimarrò sempre un garantista: l’atto compiuto da Lotti” con la autosospensione “è di grande responsabilità. Ha fatto una scelta di responsabilità per permettere a noi di combattere e tornare in campo”. Il segretario chiede che sia fatta chiarezza: le indagini le devono fare i tribunali. Dobbiamo affrontare questa vicenda e abbiamo fatto bene a tenere il punto: credo che l’indagine spinga la politica alla riforma del Csm e noi dobbiamo vigilare perché la politica non mini l’autonomia della magistratura. Penso che quanto avvenuto confermi che è giunto il tempo di una riforma dell’organismo costituzionale”.

Ma il valzer di dichiarazioni e stilettate è ormai partito. Dalla maggioranza derenzizzata all’opposizione interna sul piede di guerra.

In un’intervista alla Stampa, la turborenziana Simona Bonafè, europarlamentare Pd, sostiene che “più che Renzi, c’è un tema di linea politica e di identità del partito. Il Pd è nato dalla fusione di più storie. Se vogliamo tornare a essere un interlocutore credibile e un’alternativa alla destra dobbiamo cercare di dare risposte alla parte moderata e produttiva del paese, impiegando la stessa energia messa in questi mesi per guardare a sinistra. C’è un elettorato spaventato dai toni leghisti e preoccupato per l’inconcludenza del governo. Questo elettorato alle europee non ha votato”.

Un altro renziano di ferro, il deputato Roberto Giachetti, intervistato dal Corriere della Sera, polemizza sulle scelte operate per comporre la nuova segreteria targata Zingaretti. “Non – sostiene – restiamo fuori dalla segreteria per sgarbo o per capriccio. Mi sono candidato alle primarie in alternativa a Nicola Zingaretti perché ho una linea diversa e mi comporto coerentemente con quanto avevo già annunciato durante la campagna per la scelta del segretario”.

Secondo Giachetti, l’area renziana “non è compatibile con una gestione unitaria del partito”. “La settimana scorsa - spiega - Nicola mi ha chiamato per chiedere se confermavamo quanto annunciato: non recriminiamo nulla e gli auguriamo buon lavoro, ma non potremo esserci”. Tentazioni scissioniste? “Noi siamo nel Pd – risponde – una minoranza leale, a differenza di quanto succedeva negli ultimi anni, quando i rapporti nel partito erano inversi. Abbiamo fatto campagna elettorale ventre a terra, e io stesso ho chiesto di rinviare la direzione a dopo i ballottaggi per non creare tensioni”.

Sempre al Corriere, l’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti, zingarettiana, dice “basta a veleni e stilettate. Una scissione adesso sarebbe una vera follia”. Quella secondo cui Zingaretti ha approfittato del caso Lotti per derenzizzare il Pd, “è una lettura fuorviante e sbagliata. Zingaretti ha fatto la segreteria e ci sono due personalità che non fanno parte della maggioranza in senso stretto, come Giorgio Gori e Maurizio Martina. Poi ci saranno molti altri incarichi di lavoro: dipartimenti e forum tematici. E io riterrei importante aprire a sensibilità diverse”.

Un altro zingarettiano, Francesco Boccia, “il segretario va aiutato da tutti e incalzato come è giusto sulle grandi questioni sociali ed economiche. Siamo dentro la più grande rivoluzione capitalistica moderna al tempo della società digitale e questo approccio è profondamente sbagliato. Facciamo un partito di sinistra con, come si dice, un fronte largo. Basta con questa storia del pedigree. Io non vengo dai Ds e non ho mai creduto che Nicola volesse rifare la Ditta, così come non vengono dai Ds milioni di italiani nati dopo e che credono nella giustizia sociale”.

Chi non usa mezzi termini è Carlo Calenda. L’eurodeputato dem denuncia “una situazione di nuova conflittualità e divisioni interne assurde non sulle politiche, sui cui fondamentali siamo d’ accordo, ma sulle cavolate; ci sono due eventi che hanno determinato questa implosione: il caso Luca Lotti sul cui comportamento io sono stato chiaro e ho reputato inaccettabile perché non aveva alcuna delega per occuparsi del Csm e la segreteria che non ha funzionato ed evidentemente è stato un colpo mancato”.  

Per Calenda, “se si nomina un Responsabile Riforme che era contrario al Referendum è un problema ma anche quelli che sono rimasti fuori perché volevano rimanere fuori e poi si arrabbiano perché sono rimasti fuori c’è qualcosa che non va anche perché succedeva la stessa cosa con le minoranze quando il segretario era Renzi. Gentiloni chiami a raccolta tutte le componenti e costruisca un governo ombra con cui stanare questo governo”.

Intanto, l’ex segretario reggente del Pd Maurizio Martina lancia su Facebook un vero e proprio appello all’unità. “Vi prego – scrive – fermatevi. Fermiamoci. Sui social e non solo. Basta. Ci si parla e ci si confronta con spirito collaborativo se si vuole costruire davvero l’alternativa. E lo si fa nelle sedi giuste. Non così”.

Secondo Martina, “così siamo solo respingenti. Invece, dovremmo avere l’ossessione di aprire, unire e rinnovare. Per cambiare tutti, senza ripicche. Conta il Paese reale, non il nostro ombelico”.

Frattanto, si legge in una nota del partito che “il presidente dell’Assemblea nazionale del Partito Democratico Paolo Gentiloni ha convocato per domani, alle 10, la Direzione nazionale del Pd. All’ordine del giorno la prosecuzione del dibattito sui risultati delle elezioni europee e amministrative”. Una direzione che si prevede infuocata. L’ennesima resa dei conti in casa dem.

Aggiornato il 17 giugno 2019 alle ore 19:21