Cantone: “Codice appalti ora figlio di nessuno”

giovedì 6 giugno 2019


Semplificare al massimo le assegnazioni dei lavori pubblici sotto 150mila euro può favorire la corruzione. È questo il parere tranchant del presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, espresso nel suo intervento in occasione della relazione annuale dell’Autorità alla Camera. Cantone lancia un monito al governo gialloverde. Sui Cantone sui contratti pubblici, “tema particolarmente caldo, da cui evidentemente non ci si può esimere, l’Anac resta l’autorità di vigilanza del settore. Non avrebbe senso, però, parlarne astraendosi dal dibattito pubblico e dalle polemiche che hanno investito, nell’ultimo periodo, il codice varato nel 2016, per recepire, è bene ricordarlo, le direttive comunitarie in materia”.

Cantone non crede “di sbagliare nel dire che quanto accaduto su quel testo non ha molti precedenti nella storia del nostro Paese: adottato con grandi auspici e senza nemmeno particolari contrarietà, da un giorno all’altro è diventato figlio di nessuno e soprattutto si è trasformato nella causa di gran parte dei problemi del settore e non solo. È innegabile che da quell’articolato sono derivate delle criticità, ma ciò è dovuto soprattutto al fatto che è stato attuato solo in parte, mentre i suoi aspetti più qualificanti (la riduzione delle stazioni appaltanti, i commissari di gara estratti a sorte, il rating d’impresa) sono rimasti sulla carta. Fra l’altro, dopo un periodo di calo, anche fisiologicamente collegato alle novità, negli ultimi due anni il mercato si è ripreso e le procedure sono aumentate”.

Inoltre, secondo Cantone, “su alcuni aspetti specifici del decreto, tuttavia, qualche rilievo s’impone. Seppure opportunamente ridimensionata rispetto ai 200mila euro del testo originario, la previsione di una soglia abbastanza alta (150mila euro) entro la quale adottare una procedura molto semplificata (richiesta di soli tre preventivi) aumenta certamente il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi”.

Per il presidente dell’Anac, “alcune opzioni quali il ritorno dell’appalto integrato, l’aumento della soglia dei subappalti al 40 per cento, la possibilità di valutare i requisiti per la qualificazione delle imprese degli ultimi 15 anni, le amplissime deroghe al codice concesse ai commissari straordinari, paiono troppo attente all’idea del ‘fare’ piuttosto che a quella del ‘far bene’. La sospensione dell’albo dei commissari di gara per un biennio, infine, introdotta in uno degli ultimi emendamenti, proprio quando questa novità stava per partire, rischia di incidere su un momento topico della procedura, facendo venir meno un presidio di trasparenza, oltre che rendere inutile il cospicuo investimento economico (500mila euro circa) che l’Autorità ha sostenuto per applicare la disposizione”.    

Per Cantone, “il giudizio complessivo sull’impianto resta, però, sospeso anche in attesa che si completi l’iter legislativo della conversione e soprattutto dell’approvazione della legge delega. Un solo suggerimento sia, però, consentito: il settore degli appalti ha assoluto bisogno di stabilità e certezza delle regole e non di continui cambiamenti che finiscono per disorientare gli operatori economici e i funzionari amministrativi”.


di Duilio Vivanti