Aggrappati alle elezioni europee

lunedì 13 maggio 2019


Quello che ci rende diversi dal resto del mondo è ciò che ci impedisce di difenderci dai pericoli che vengono dal resto del mondo. Una volta qualcuno ha detto che l’Occidente col suo eccesso di democrazia e difesa dei diritti individuali genererà una dittatura più dirompente di quelle che hanno devastato il XX secolo. Aveva ragione.

I virus dell’intolleranza e del razzismo che stiamo incubando sono frutto del buonismo adottato dall’intellighenzia sessantottina per cercare di portare acqua al suo mulino. Ma sbagliava. Il mulino macinava consensi ieri a favore della maggioranza silenziosa anticomunista, oggi di quella neo-autoritaria. La maggioranza che ha votato no alla riforma della Costituzione per far fuori Matteo Renzi e poi intitolare Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle. La maggioranza, ora meno silenziosa, che strizza l’occhio al pragmatismo guascone di Salvini e contemporaneamente spinge il Pd verso la diaspora e gli ex Sessantottini tra le braccia del Presidente della Camera dei deputati. E viceversa.

Il M5S si spaccherà? Molto influiranno i risultati delle prossime Europee. Elezioni che fisseranno i rapporti di forza fra euro-scettici e euro-estremisti. La cancelliera Angela Merkel non c’è già più; Emmanuel Macron traballa; Jean-Claude Juncker è invitato a pensionarsi, solo un po’ meno Antonio Tajani. Belgio, Olanda e Lussemburgo sono un enigma perché macerano nel silenzio divisioni che bollono sotto il perbenismo luteran-calvinista. In Italia Silvio Berlusconi si candita consapevole di costituire l’ultima speranza per il futuro di ciò che è rimasto di Forza Italia e del “suo” centrodestra. Mentre Salvini e Di Maio viaggiano su parallele divergenti. Quello italiano è un panorama politico desolante

I nodi del ’68 sono arrivasti al pettine. I sovranisti, così viene chiamata quella che in Italia fu la maggioranza silenziosa di Massimo De Carolis e poi Mario Segni, si affermano in tutta l’Ue; il razzismo dilaga sotto forma di intolleranza per ragione economiche; il pressappochismo caratterizza la dirigenza dei movimenti politici che hanno scalzato i partiti ideologici; la violenza gorgoglia non più sotto della democrazia ma in superficie. E sono sempre più numerosi i cittadini di ogni Paese Ue disposti a barattare pezzi di libertà individuale e collettiva in cambio di sicurezza e lavoro.

Per decenni ci è stato spiegato che crisi e violenza erano figlie di un Occidente incapace di superare la fine del colonialismo e il giudizio positivo sulla dittatura sovietica da parte del proletariato. Oggi sappiamo che la Sinistra difese con furore quegli errori anche dopo aver scoperto che la crisi, politica sociale ed economica, era causata da un welfare elefantiaco e che la dittatura del proletariato si era risolta nella dittatura, per il proletariato, di élite autoreferenziali. La verità è che, dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta, l’Italia inventò il populismo basato su buonismo ed egualitarismo. Nel Belpaese si predicava l’indispensabilità di essere buoni, sempre ad ogni costo, e di fermarsi per aspettare chi era rimasto indietro, sempre e ad ogni costo.

Nessuno si rese conto che il Lavoro, su cui la nostra Repubblica era fondata, aveva partorito il diritto di tutti ad avere un lavoro, che il diritto allo studio era diventato diritto alla laurea ed il diritto alle pari opportunità era divenuto diritto di chiunque ad avere quanto altri avessero più di lui. Buonismo e egualitarismo sono i caratteri identitari della Sinistra, quanto le opere pubbliche della Destra. L’effetto della conseguente contrapposizione è sotto gli occhi di tutti ma se dobbiamo parlare di colpe non possiamo che darla a noi stessi, agli Italiani. Per la crisi economica, per il lavoro che manca, per le pensioni da fame, per la sporcizia che invade le nostre città, per l’immigrazione selvaggia.

Chi altri ha preteso un welfare tanto generoso, boicottato il principio contributivo e accolto le baby-pensioni, difeso il tempo indeterminato (di chi lavorava) e rifiutato la flessibilità (di lo cercava); ha alzato muri contro termovalorizzatori, ha lucrato sui contributi Ue destinati all’accoglienza. Chi altri ha continuato a votare politici gabellotti, prediligere le scorciatoie, considerare lo Stato l’incaricato dei nostri diritti non anche il beneficiario dei nostri doveri; utilizzare le aree pubbliche delle nostre città come discarica per i fazzoletti di carta e le sigarette mentre guidiamo o le bottiglie di birra o coca cola che beviamo mentre siamo al parco. O vogliamo continuare a raccontarci, per esempio, che le città le sporcano gabbiani e piccioni?

Salvini è all’angolo, per un errore di previsione; pensava che il suo socio Di Maio non avrebbe colpito sotto la cintola. Perché la revoca di Siri è un colpo basso che Salvini ha incassato perché non può spaccare sui presunti corrotti.

Che Armando Siri non si dovesse dimettersi lo dice la nostra Costituzione, che l’Ordine Giudiziario continua a piegare ai suoi voleri per impedire la separazione delle carriere. Eppure questo Governo avrebbe la forza di adottare quella riforma, se solo lo volesse. Troppi fatti anche recenti dicono che in caso di archiviazione o assoluzione dalle accuse il malcapitato dovrà accettare che “chi ha dato ha dato e chi ha avuto”. Un obbrobrio per evitare il quale dovrebbe vitalizzarsi la responsabilità dei giudici.

Le elezioni europee sono in arrivo. Luigi Di Maio è insonne per l’imbarazzo di dover fare il duro e puro e prega che il socio comprenda le sue difficoltà che magari gli confessa durante le innumerevoli telefonate di cui pochi o nessuno è al corrente. Cose della Quarta Repubblica. Come andrà a finire lo sapremo a urne europee spogliate. Speriamo i suoi risultati ci illuminino su reddito di cittadinanza, legittima difesa (che per i giudici rimane sempre suscettibile di essere eccessiva anche dentro casa...), autonomia regionale ecc.. Ossia speriamo in un risultato tanto chiaro da essere univoco.


di Flavio de Luca