L’“Attacco al potere” è un gioco e ogni uomo potrebbe essere Assange

“Attacco al potere” è una pellicola del 1998, ma oggi si può entrare nella trama del film avendo a disposizione un videogioco. Ingredienti del prodotto da grande schermo del ‘98 sono l’addestramento ed il finanziamento di militanti islamisti, oscuri individui occidentali con desiderio di potere, un coprotagonista che impone la legge marziale nell’intera città rastrellandola da cima a fondo ed arrestando tutti gli immigrati di fede islamica. Pellicola pioniera della cronaca che conosceremo dopo l’1 settembre 2001. Se ventuno anni fa lo scenario d’attacco al potere poteva avere due matrici, quella internazionale ed islamica e quella interna di matrice anarcoide ed insurrezionalista, oggi l’attacco al potere spazia tra l’informatico ed il finanziario, l’energetico ed il bancario, il giudiziario e l’ambientalista, il massmediale e lo spionaggio politico-elettoralistico… una selva di nemici che fa arroccare il potere e, soprattutto, diffidare del consenso popolare. In questa logica maturerebbe l’orientamento di gran parte dei provvedimenti di legge tesi a limitare l’accesso a banche dati e social network. Perché il potere si preserva blindando l’informazione ed il dialogo tra la gente comune.

Così poche migliaia di persone decidono i destini di intere popolazioni, manipolando i mercati finanziari e imponendo alle nazioni le norme che ritengono utili al “Club del potere”. Oggi grazie a queste norme, poi entrate nei codici dei singoli Stati, il potere ha trasformato la “sicurezza nazionale” (la difesa dei popoli) in apparati con il preciso compito d’evitare “attacchi al potere”. Attacchi materiali in piazze e strade, cibernetici, bancari e giornalistici. Attraverso le normative, le democrazie maturate nel secondo Novecento sono state trasformate in “democrature”: neologismo partorito dalla contrazione e saldatura dei termini democrazia e dittatura. I banchieri, controllori delle cosiddette “democrazie bancariamente protette” (equipollente delle “militarmente protette” estintesi con le “Primavere arabe”), guidano i governi attraverso il controllo sulle banche centrali. Vassalli del potere che teme i popoli sono i dirigenti delle società finanziarie, che di fatto controllano l’economia mondiale.

Ma veniamo a due esempi concreti, ovvero la Francia dei “gilet gialli” e l’Italia “giallo-verde”: entrambi gli esempi sono stati studiati dagli esperti di sicurezza politica di Federal Reserve e Banca centrale europea, e perché incuberebbero possibili attentati al potere. Quest’ultimo finanzia i grandi mezzi di comunicazione, che illudono la gente comune che i loro destini possano essere influenzati dal prezzo delle materie prime, come da azioni, obbligazioni, valute… È solo teatro, perché nessuno di questi parametri produttivi e d’arricchimento è frutto di una libera contrattazione. Obiettivo del potere (che teme l’attacco popolare) è controllare patrimoni immobiliari e risparmi della gente comune: così piccoli risparmiatori e contribuenti vengono monitorati (spiati) da Moody’s e Standard & Poor’s con la complicità di esponenti di governo cresciuti (allevati) nei master delle società di rating. Compito della classe dirigente serva del potere è farci credere che la crisi sia dovuta ai popoli, al fatto che i popoli pretendano troppe garanzie democratiche e un lavoro, come che la casa non venga fatta sparire, e che si abbia diritto a curarsi. Ecco che le tecnocrazie (serve del potere) sono subito pronte a scaricare sulla collettività il peso delle crisi: all’uomo della strada l’onere di pagare per contanti i danni derivanti dalla crisi. Per rompere questo cortocircuito in Francia sono scesi in piazza i “gilet gialli”, e subito qualcuno ha detto di loro che si tratta “d’invisibili, di gente disgraziata che vorrebbe addossare a Emmanuel Macron la colpa d’aver perso il lavoro, la casa, i risparmi…”. Questa è una delle strategie classiche di comunicazione del potere, ovvero addossare alla gente ogni colpa. In quest’ottica è stata inventata l’economia gocciolata, ovvero far piovere denaro verso i propri servitori e punendo i dissidenti. Di fatto i cittadini sono sotto i diktat della finanza ed i governi democraticamente eletti temono il creare moneta (evitano di riappropriarsi di questa prerogativa) perché sanno che il potere di fare ricchezza è oggi tutto dei padroni mondiali della finanza.

Oggi l’Italia è tenuta sotto osservazione dal “club del potere” perché la giurisprudenza italiana è un ostacolo alla “privatizzazione globale dell’acqua”, che Banca Mondiale ha auspicato per poter gestire l’origine della ricchezza: agricoltura e allevamento, itticoltura e gastronomia, lavorazione delle materie prime. Tutta la ricchezza (quindi la moneta) zampilla dall’acqua. Le fonti d’acqua dell’Acuífero Guaraní in Sud America (una delle maggiori riserve d’acqua dolce del pianeta) sono nel mirino del “club del potere”, e dopo toccherà all’Italia (migliore riserva d’acqua d’Europa): in quest’ottica i Caltagirone hanno ceduto ai francesi la partecipazione alla romana Acea; una sorta di pedaggio per entrare nel “club del potere”.

I Rothschild possiedono le azioni delle 500 principali multinazionali riportate nella rivista Fortune, controllate a loro volta dalle quattro grandi banche di Wall Street (“The Big Four”): la BlackRock, la State Street, Fmr/Fidelity e Vanguard Group. Queste banche hanno usato la crisi del 2008 per permettere ai poteri bancari europei di trasformare Italia, Grecia, Portogallo e Cipro in “democrazie bancariamente protette”. Ovviamente questo gioco ha dei controllori (degli arbitri) che siedono tutti lungo l’asse franco-tedesco. Il compito dei controllori è scongiurare che un Paese come l’Italia possa legiferare in modo da ricolonizzare i settori manifatturiero ed agricolo: quindi generare la ricchezza bastevole a liquidare il debito pubblico (30% del totale) in mano al “club del potere”. Ma quest’ultimo non si ferma, così scopriamo che tra circa un decennio il 10 per cento della gente che lavora spierà la popolazione umana dell’intero pianeta: gli unici non messi sotto osservazione pare possano essere gli aborigeni tribali ed alcuni clan eschimesi, e perché ritenuti non finanziariamente pericolosi per il potere. La città proibita si blinda, “attacco al potere” diventa un videogame, ed in ogni studente prodigio potrebbe celarsi il novello Julian Assange.

Aggiornato il 20 aprile 2019 alle ore 12:25