Voto europeo: sovranisti o non sovranisti?

Si approssimano le elezioni europee e si appalesa il trinariciuto dilemma falsante che gli ignavi elettori dovrebbero dirimere : con i sovranisti, o contro i sovranisti?

Nel mentre l’Istat certifica che, nell’ultimo trimestre dell’anno scorso la pressione fiscale è aumentata di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre 2017. In più riscontrando che nel quarto trimestre dell’anno scorso le imposte dirette sono cresciute dello 0,5 per cento, quelle indirette dello 0,9 per cento, mentre i contributi sociali sono aumentati di ben il 4,7 per cento. Sovranisti, o non sovranisti?

Premettendo che la domanda, in sé, non ha alcun senso comune perché il quesito pertinente dovrebbe essere uno solo, una volta preso atto che la istituzione comunitaria non potrà affatto essere messa in discussione dato che a quella sorta di struttura consortile gli Stati sovrani hanno volutamente deciso di cedere quota di proprie prerogative nazionali per farne (scelta opportuna stante la globalizzazione economica mondiale) una sorta di Consiglio di amministrazione sovranazionale e che esso, per tutta una serie di ragioni su cui sarebbe interessante indagare, è attento solo alle proiezioni macroeconomiche pubbliche. Punto.

L’Italia fu tra i soci fondatori di un disegno ben più ambizioso (una compagine con plurime ambizioni), ma ora divenuto una sorta di Ufficio Ragioneria che, in particolare, è attento alle nazioni che hanno sempre difettato in quanto a parsimonia.

Per noi italiani, l’avere un debito pubblico che ha toccato, a febbraio 2019, i 2.363,685 miliardi non può che porci tra i sorvegliati speciali da parte dell’allenatore di una squadra che -una volta messa in campo la valuta comune- non appare più di tanto disponibile a sostenere i “pagherò” che sono stati disseminati qua e là in giro dal giocatore più simpatico e rappresentativo della squadra, che però appare completamente inaffidabile in quanto a continuità di rendimento di gioco.

Certo, è quello esteticamente più elegante e bello, in più generato da illustri genitori che hanno reso nobile un Continente ricco di orde barbariche, che ha affinato le arti della democrazia e che ospita la culla della religione cristiana, che ha propugnato la pittura, la scultura, la poesia.

L’allenatore, che è pur memore di tutto questo, non può però consentire al “bello” di mettere a repentaglio - giocando da “solista” - il rendimento dell’intera squadra, che si ostina a giocare in difesa nonostante possa coprire ben altri spazi di gioco. Il “bello”, allora, ha dato mandato al proprio procuratore di trovargli un’altra squadra disposta ad annoverarlo tra le proprie fila.
Sovranisti, o non sovranisti?

Temo che non sia proprio questo l’interrogativo che dovremmo sciogliere con le prossime elezioni europee. Molti elettori sembrano ancora, tuttavia, aver orientato l’obiettivo (nelle intenzioni di voto) sulle sole incombenze casalinghe e sulle crescenti aspirazioni narcisistiche dei due giovani leader che si contendono le piazze, informatiche e non.


L’alternativa quale sarebbe? Restarsene a casa, per fare in modo che tutti abbassi o la cresta verso l’Europa e che nessuno possa dire a voce alta “ho vinto io”, mantenendo - nello stesso tempo - elevata la tensione politica e l’alea di indeterminatezza sulla politica nazionale, pare a me una terza opzione possibile.

Aggiornato il 18 aprile 2019 alle ore 14:22