Zuppa o pan bagnato

Se non è zuppa, è pan bagnato, o si trovano risorse, quale che sia la formula, oppure l’Iva aumenterà, elementare Watson. Ecco perché, servirebbe che dalla maggioranza, arrivasse, al posto del teatrino fra Tria e i due vice premier, una scelta seria e definitiva, sulla politica fiscale.

Del resto un po’ ovunque, la tassazione si compone di due segmenti, distinti e distanti, quello diretto e quello indiretto. Il primo colpisce la ricchezza prodotta, il secondo quella consumata, si tratta di una scelta politica, di filosofia fiscale, che da noi, non si è mai fatta, sia perché la costituzione “cattocomunista”, stabilisce la progressività, sia perché i costi pubblici sono diventati incontenibili. È questa la ragione per la quale, in Italia, ci ritroviamo una tassazione diretta e progressiva pesantissima, affiancata da una enormità di imposte indirette, a partire dall’Iva, penalizzanti. Oltretutto, la prosecuzione di questo sistema fiscale, opprimente e complicato, è stata la precondizione per ingenerare una guerra costante fra amministrazione e contribuenti. Insomma la situazione italiana, è tra le peggiori al mondo, il nostro fisco, anche in Europa, è riconosciuto, opprimente, persecutorio, esoso e irrispettoso dei diritti del contribuente.

Come se non bastasse, a fronte del fatto che gli italiani lavorino circa sei mesi per lo Stato, solo gli altri per sé stessi, i servizi offerti in cambio, sono da mani nei capelli, un mostro pubblico inefficiente, inutile, spesso scortese. Insomma il teatrino sull’Iva non solo è inutile, perché ammesso che si trovino risorse, si ripresenterà tale e quale il prossimo anno, ma perché è la politica fiscale che va cambiata e riformata, una volta per tutte.

La discussione sulla flat tax e sull’Iva, a questo dovrebbe servire, decidere se l’Italia voglia finalmente andare verso lo spostamento del sistema fiscale, dalle persone alle cose, verso una semplificazione, verso lo stimolo alla produzione della ricchezza, anziché la sua mortificazione. Del resto l’osannata, progressività “cattocomunista”, considera la ricchezza un male da combattere, da spolpare, insomma più produci, fatichi, generi ricchezza, e più ti tartasso e ti sottraggo, per questo non funziona.

Nei sistemi occidentali più moderni accade esattamente il contrario, si stimola la produzione della ricchezza con una imposta diretta bassa e unica, salvo poi colpirla, quando, attraverso il consumo, l’investimento e le operazioni economiche, si manifesta. Dalle persone alle cose, per farla breve, ecco perché in Italia, piaccia o meno ai cattocomunisti, dovrebbe avviarsi la flat tax, con la rimodulazione simultanea delle aliquote Iva, ovviamente facendo attenzione ai generi fondamentali, di prima necessità, al segmento basico. Del resto spremere il paese per trovare i 24 miliardi di euro necessari a sterilizzare le salvaguardie, per ritrovarsi il prossimo anno nella stessa situazione, forse peggiorata, sarebbe finanziariamente scriteriato, socialmente ingiusto.

Serve coraggio, visione del domani, la politica fiscale deve guardare al futuro, il nostro dramma infatti è stato sempre questo, che il fisco abbia guardato solo l’immanente, per voracità e per l’incontenibilità della spesa pubblica, anziché alla crescita.

Per concludere, servirebbe una grande riforma tributaria, che partisse dall’assunto di uno Stato minimo ed efficiente, assistenza solo a chi ha bisogno, stimolo alla produzione della ricchezza, del lavoro, della produzione, semplificazione e libertà d’impresa. Altrimenti prima o poi sarà il collasso, non solo fiscale, ma sociale e purtroppo generale.

Aggiornato il 18 aprile 2019 alle ore 11:18