La stampa stravolge la sentenza, la Cassazione annulla i titoli

Non ci mancava che questa. I giornali avevano strombazzato ai quattro venti che la Corte d’Appello di Ancona aveva assolto gli imputati di stupro, condannati in primo grado, affermando che la donna era così brutta da escludere che qualcuno potesse giungere a violentarla. La Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Ancona e così la stampa, che aveva suscitato tanto clamore per una tesi così balorda, ha tirato un sospiro di sollievo. Possono essere stuprate anche le donne brutte. Lo ha detto la Cassazione. Meno male.

Questa la catena degli stravolgimenti e delle autentiche menzogne che si aggiungono alle “novità” dei vandalismi autentici legislativi e giurisprudenziali che stanno portando giustizia e diritto verso il baratro.

Punto primo. Stravolgimento della sentenza di Ancona. Leggo sul riassunto redazionale dell’articolo de “Il Giornale” che riferendosi alla sentenza della Cassazione di annullamento, dà notizia, che la Corte Suprema avrebbe affermato la proposizione, in sé contraddittoria e falsificante: “L’aspetto fisico… è del tutto irrilevante e si tratta di un elemento non decisivo per valutare la credibilità della denuncia”.

Contraddizione già in questa breve frase: “irrilevante” e “non decisivo” sono valutazioni antitetiche, ed incompatibili. Ma a leggere quel po’ di più che se ne è scritto sui giornali, se ne ricava che la Corte di Ancona non ha mai fondato giudizi “di principio” su una pretesa “non violentabilità” delle donne brutte. La sentenza d’appello si era fondata, invece, sul fatto che l’accusato aveva in precedenza dichiarato che la denunciante aveva un aspetto da far venir meno ogni suo desiderio sessuale nei confronti di lei. Circostanza tutt’altro che irrilevante (non il contenuto della dichiarazione, ma che l’avesse fatta). Anche se la violenza sessuale è spesso espressione di mera aggressività, di violenza che non si accompagna affatto e tanto meno si confonde con un irrefrenabile desiderio provocato dallo splendore della bellezza della vittima.

Giudizio di fatto sulla vicenda, fondata su argomenti probabilmente non ineccepibili, ma nemmeno su affermazioni come l’“impossibilità” dello stupro delle bruttone. La Cassazione, che oramai rigetta quasi tutti i ricorsi delle parti private, considerando dei “cavilli” argomenti circa l’inconcludenza delle motivazioni della sentenza impugnata, si è trovata certamente, dato il clamore incontrastato della conturbante affermazione falsamente attribuita alla Corte di Ancona, nelle condizioni di dover far giustizia di una proposizione falsa ed inesistente nella sentenza oggetto del ricorso ma data per scandaloso fondamento della sentenza impugnata dai giornali. Se avesse confermato la sentenza della Corte d’Appello i giornali avrebbero gridato: “Anche la Cassazione afferma che le donne brutte non possono essere violentate”. Le bugie fanno più paura degli argomenti?

C’è da sorridere? Non proprio. È sperabile che ben altro sia il motivo dell’accoglimento del ricorso. Ma il fatto stesso che certe considerazioni si possano (o si debbano) fare è più che allarmante. Andiamo verso un “sindacato” di opportunità mediatica non solo delle sentenze, ma anche dei loro inesistenti contenuti affermati dalla stampa. Se sto esagerando vorrei potermene convincere. Non c’è bisogno di attribuire alla giustizia ulteriori stravaganze ed errori.
                                      

 

 

 

Aggiornato il 12 aprile 2019 alle ore 19:07