Tipi di gag

Una giustificazione, non solo tardiva, ma che sa di toppa peggiore del buco, alla quale oltretutto nessuno ha creduto, perché sul tema, il Premier, è scivolato spesso e volentieri.

Qui non si tratta solo della battuta infelice, che nella storia farà il paio, con la sciocchezza di Padoa Schioppa, sulla gioia di pagare tasse, si tratta d’altro. Un Presidente del Consiglio, lo diciamo con rispetto, dovrebbe guardarsi bene dagli annunci per battute, per gag, specialmente sull’economia ed in passaggi tanto delicati; al Paese serve la chiarezza, non la facezia.

Fare le feste sui balconi, annunciare il boom economico, l’anno bellissimo, la sconfitta della povertà, il decollo del Pil, un secondo semestre velocista, sarà pure il festival della battuta, ma il Paese non è l’Ambra Jovinelli. È vero che il capo dei grillini, sia un comico di vaglio, un re della risata, ma ai suoi figliocci, insegnare solo la battuta, torna male. Per governare e bene, non basta qualche uscita simpatica e teatrale.

Oltretutto l’uso eccessivo di battute, dimostra che al governo si preferisca la caciara alla competenza. Insomma non va bene. Ma, peggio ancora, quando dalla battuta si passa all’illusione, agli annunci di un paese che non c’è, di soluzioni inesistenti, della bontà dei provvedimenti, all’assicurazione che saremo ricchi e contenti.

L’Italia porta un debito gigante, è zeppa di vincoli alla libertà d’impresa, soffoca di burocrazia, di una fiscalità aguzzina che uccide la ricchezza, è asfissiata da leggi demenziali emanate per ragioni elettorali, impoverita da un welfare comunista, insostenibile e assistenzialista. Nel nostro Paese il negozio del lavoro è sottoposto a vincoli sovietici, ad oneri indiretti da follia per ridurre il personale, è peggio della sacra rota: insomma mettere su una azienda è salire sul calvario.

Noi siamo malati di leviatano, di apparato pubblico gigante, paghiamo furbetti, gli inutili, i nulla facenti, sussidi, aiuti ed agevolazioni che in troppi casi sono contraffazioni, siamo finiti nel socialismo reale per il cattocomunismo clientelare. Per chiedere il permesso di fare, qualunque cosa sia, da noi si passa da mille porte dello stato, che alla fine portano alla morte della voglia e dell’idea. Siamo un Paese in fila, dalle poste, alla sanità, alla scuola, siamo in fila perenne ad aspettare un visto, un certificato, siamo 60 milioni in fila dallo Stato, che ci offre poco e male, ma che paghiamo e caramente. E voi caro professor Conte, che fate? Battute inutili e assistenzialismo, mandate in pensione prima chi lavora, date mancette per restare a casa, sperperate danaro per statalizzare ancora, definite espansiva qualunque spesa.

Presidente, l’espansione è una cosa seria, una regola precisa, non basta che sia spesa, parla d’investimenti, di infrastrutture, di opere pubbliche, di beni capitali per il processo produttivo, altroché reddito in attesa del niente, perché niente si fa per creare lavoro. Ecco perché sbagliate tutto, in fondo la battuta è il meno, è il resto che ci porta al male, non ci farà crescere, tantomeno sviluppare, aumenterà il debito e il conto da pagare, negate oggi ma domani vi dovrete scusare.

Presidente, delle battute non importa niente, sorridiamo, seppure amaramente, dell’Italia però ci interessa e assai, siamo stufi di una politica che porta guai, lo diciamo con rispetto, faccia Lei.

Aggiornato il 12 aprile 2019 alle ore 17:49