Il racconto di Battisti: “Aiutato da partiti e sindacati”

mercoledì 27 marzo 2019


Cesare Battisti parla dei 37 anni di latitanza. Chi l’ha aiutato, come ha vissuto, dove ha lavorato. Chi lo ha coperto. Perché la cosiddetta intellighenzia internazionale, formata da intellettuali, politici e sindacalisti lo ha sostenuto, in un colpevole abbaglio collettivo? Nel frattempo, l’ex terrorista, condannato all’ergastolo per quattro omicidi e altri gravi reati commessi in Italia fino al 1979, quando faceva parte dei Pac, ha chiesto “scusa”. Davide Steccanella, l’avvocato che lo assiste, ha detto che Battisti ha “riconosciuto con sofferenza, ma senza infingimenti, la propria responsabilità per i fatti per cui è stato condannato”. L’ex terrorista ha risposto alle domande del capo del pool antiterrorismo della Procura di Milano, Alberto Nobili. Nove ore di faccia a faccia, divise tra le giornate di sabato 23 e domenica 24 marzo scorsi.

Battisti non fa nomi. Inizia il suo racconto dall’evasione dal carcere di Frosinone nell’ottobre 1981. “Decisi di abbandonare tutto e tutti – sostiene – e di rifugiarmi in Francia. Sono stato sostenuto da partiti, gruppi di intellettuali, soprattutto nel mondo editoriale, come sostegno ideologico e logistico, ma nessuno in Italia. Ero ritenuto un intellettuale, scrivevo libri. Ero, insomma, una persona ideologicamente motivata, non più pericolosa. Per questo nessuno mi ha dato più la caccia”.

Battisti ricorda aneddoti e narra la sua storia. “Mi sono mantenuto in Francia – sottolinea – grazie alla solidarietà di alcune formazioni, come la Ligue révolutionnaire fino al 1982 quando, grazie a una colletta tra compagni, sono andato in aereo in Messico dove sono stato accolto dal sindacato Situam. Sono stato lì 8 anni”. Poi Battisti si trasferisce a San Miguel de Allende e fonda la rivista Via Libre e apre il ristorante Corto Maltese producendo “pasta che vendevamo a vari esercizi”. A quel punto prende il via la fase della “dottrina Mitterrand”. Consente ai rifugiati politici di non essere estradati nei Paesi di origine. Così, nel 1990 Battisti torna in Francia. Scrive libri e pubblica articoli su riviste come Acqua e Playboy (dietro pseudonimo) e serie tivù per F3 e Antenne 2. Nel 2004 viene arrestato per essere estradato in Italia. “Ci furono molte manifestazioni di piazza in mio favore – ricorda Battisti – perché per 14 anni avevo operato a livello sociale e culturale ed ero conosciuto per le mie battaglie contro degrado ed emarginazione”. Decide di partire per il Brasile. Lì vive “in semiclandestinità grazie al sostegno del sindacato universitario Sintusp, ideologicamente schierato a sinistra ma senza connotazioni di violenza”. Viene arrestato nuovamente nel 2007 per essere estradato in Francia. Viene scarcerato nel 2011 e rimane in Brasile. Il presidente Lula gli concede la residenza. “Un giudice – sostiene – mi contestò rapporti con i servizi segreti francesi che mi avrebbero favorito. Si tratta di pura fantasia. Ho svolto vari lavori come custode di abitazioni e nell’editoria. Ho pubblicato quattro libri, ho fatto traduzioni”. Ma il clima intorno a Battisti muta radicalmente con l’elezione di Bolsonaro, nel novembre 2018. Il neo presidente brasiliano è favorevole all’estradizione in Italia. “Decisi di scappare in Bolivia – racconta – dove avevo contatti per la scrittura del libro Chilometro zero, che probabilmente verrà intitolato Verso il sole morente, un romanzo storico sulla conquista portoghese del Brasile”. Viene aiutato dal “movimento Sem Terra e dal Sintusp che presero contatti con il governo boliviano”. Ma la storia non dura. Battisti viene arrestato ed espulso in Italia. Ora è detenuto nel reparto di massima sicurezza del carcere di Oristano.


di Mino Tebaldi