Sarti della privacy

La vicenda è di una semplicità quasi banale: una deputata cinquestelle, coinvolta nello scandalo della finta restituzione di parte delle spettanze dovute ai parlamentari, accusa il suo compagno del tempo di aver revocato a sua insaputa i bonifici con i quali avveniva la restituzione dello stipendio. L’accusa sarebbe senza riscontri. Lo scandalo però si allarga ed emerge che parte dei soldi non restituiti sarebbero stati investiti dall’onorevole in questione (Giulia Sarti) nell’acquisto di un sistema di telecamere installate nel di lei appartamento attraverso le quali la deputata ha filmato una quantità indefinita di incontri di varia natura (anche politica).

Alcuni incontri, più strettamente intimi, sono trapelati tanto che qualche fotogramma osé gira nelle redazioni dei giornali andando ad alimentare quel mercato dell’odio che va sotto il nome di revenge porn, ossia porno vendetta. A meno che non si tratti di riprese fatte con altri supporti video, la parlamentare risulterebbe vittima del proprio sistema a circuito chiuso.

Bene ha fatto il Garante della privacy a mettere in guardia gli operatori della comunicazione diffidandoli dal pubblicare gli scatti incriminati perché certa forma di sputtanamento mediatico ha cagionato molti danni nel recente passato portando anche al suicidio di chi non ha saputo reggere al peso dello scandalo.

Detto che certe forme di vendetta che ti colpiscono nel privato sono di una bestialità inaudita ed andrebbero punite severamente, ci pare il caso di fare alcune considerazioni che, non sminuendo minimamente l’attacco beduino di cui la Sarti è vittima, servono solo ad aggiungere alcuni spunti di riflessione.

L’onorevole Pentastar parrebbe (come detto sopra) vittima di un sistema di video-spionaggio da lei stessa voluto e sul quale non ha mai fornito adeguate spiegazioni: esiste davvero? A cosa serviva? Chi voleva riprendere? Come voleva usare le immagini acquisite? Anche l’atteggiamento del Movimento è molto morbido con la grillina. Ci sarebbe materiale per una santa inquisizione del web visto che la “cittadina” ha fatto il trucchetto dei bonifici finendo per giunta in uno scandalo che mostra quanto “l’honestà” non esista, i vizi somiglino a quelli della Kasta e le virtù - intese come competenza e presunta superiorità rispetto alla “vecchia politica” - siano una colossale patacca.

Perché il Movimento non infierisce su Giulia Sarti trattandola come un Federico Pizzarotti qualsiasi? Per evitare di aggiungere ulteriori pressioni? O c’entrano forse qualcosa i video registrati dalla deputata ad insaputa degli interlocutori? Video hard a parte, quali incontri che non devono uscire ha filmato l’onorevole in questione?

Ad ogni modo scalda il cuore sapere che da Marco Travaglio a Laura Boldrini, passando per i principali opinion maker del nostro Paese, siano diventati tutti sensibili al tema della privacy. Meglio tardi che mai. Non possiamo però dimenticare che, quando Silvio Berlusconi fu oggetto di un servizio fotografico rubato dal fotografo Antonello Zappadu sulle frequentazioni di Villa Certosa, i più invocarono il diritto di cronaca e si scagliarono contro il presunto bavaglio all’informazione sostenendo che la vita privata di un uomo politico dovesse essere di dominio pubblico per definizione. Trattandosi di Berlusconi la sensibilità sulla privacy era momentaneamente assente.

Addirittura i premi Nobel José Saramago e Mario Vargas Llosa ringraziarono il fotografo per aver portato a conoscenza questi fatti.

Non possiamo nemmeno dimenticare le undici pagine che il settimanale “Oggi” di Pino Belleri dedicò alle foto rubate o la copertina de L’Espresso “Voi quorum, io Papi” piuttosto che i file audio di conversazioni tra il “Papi” e le Olgettine (tutt’ora a disposizione di chi le vuole ascoltare). Per carità di Patria stendiamo un velo pietoso sulla “sciabola” del primo ministro Ceco Mirek Topolánek che, circondato da bellissime puelle poco vestite, faceva il bagno nudo nella piscina di Berlusconi all’insaputa della consorte (e del suo popolo).

A differenza di Giulia Sarti, Silvio Berlusconi non è stato vittima delle proprie telecamere (o di un cellulare che lo riprendeva consapevolmente), ma soggetto ignaro del teleobiettivo che lo stava immortalando.

Comunque sia, noi, oggi come allora, riteniamo che sbattere la vita privata in prima pagina sia una barbarie intollerabile perché il diritto delle persone alla riservatezza ci è caro indipendentemente dai soggetti coinvolti. Non sappiamo se i video che circolano siano veri o montati ad arte come dice qualcuno. Fatto sta che forse, di fronte ad una notizia vera o presunta tale, qualcuno dovrebbe invece vergognarsi delle proprie giravolte ipocrite.

Aggiornato il 15 marzo 2019 alle ore 11:50