La “Pedemontana marchigiana”  Utile solo alla famiglia Merloni

Nella patria delle opere pubbliche incompiute c’è chi spinge su nuove “grandi opere”, e prima ancora che vengano terminate le vecchie. In questa logica lo Stivale s’è trasformato in un enorme cantiere. Ma differenza del passato secolo, i benefici economici non ricadono sul territorio, anzi finiscono negli utili di grandi aziende solo parzialmente a capitale italiano. L’esempio da manuale è la pedemontana marchigiana, che passa tra i comuni del cratere sismico. Così la Regione Marche prevede una spesa di oltre ventisette milioni di euro per una strada che servirà comuni disabitati, distrutti dal terremoto. Buonsenso avrebbe consigliato di progettare la ricostruzione post-sisma, perché il rischio è che la pedemontana marchigiana possa solo contribuire ad ulteriore desertificazione, e non incentivando il ritorno degli sfollati nei paeselli distrutti. S’aggiunga che il tracciato della pedemontana distruggerà i terreni maggiormente vocati all’agricoltura. Eppure con ventisette milioni di euro si potrebbero ricostruire (e manutenere) i collegamenti autostradali marchigiani, umbri, abruzzesi e laziali, assicurando ottimo collegamento con Roma. Di fatto l’affare della pedemontana non aiuterà le Marche ad uscire dall’isolamento, ma permetterà alla famiglia Merloni di gestire risorse: infatti Gianmario Spacca (ex-presidente della regione Marche e parente acquisito dei Merloni) ha agevolato l’entrata dell’ente Regione nella società Quadrilatero. La “Quadrilatero Marche-Umbria” è una società di scopo, detenuta al 92% da Anas e partecipata da enti locali umbri e marchigiani: avrebbe dovuto garantire la celerità della pedemontana tutelando il tessuto imprenditoriale locale. Invece, con il solito intreccio di scatole cinesi, i capitali sono svaniti nel nulla: l’Astaldi che doveva realizzare l’opera s’è dimostrata insolvente verso imprese locali e proprietari dei terreni occupati. Ma Spacca, in occasione dell’ultimo convegno della Fondazione Merloni, ha rivelato che “il Quadrilatero verrà esteso, per costeggiare il monte Vettore sino alla Salaria”.

Dopo il sisma del 1997, la Quadrilatero è servita solo per un cattivo utilizzo dei soldi pubblici: ben undici dirigenti della Quadrilatero sono indagati dalla Procura per “attentato alla sicurezza”, avrebbero risparmiato sul cemento delle gallerie di uno dei tratti più a rischio delle Marche, la Civitanova-Foligno. Una strada inutile che, in forza dello “Sblocca Italia” d’epoca Renzi, ha concentrato (sottraendo danaro ad opere pubbliche e manutenzioni) le risorse per realizzare nel cratere l’opera dannosa per i territori: infatti più fonti acclarano che la strada non si sposa con aree a rischio sismico. Così nelle Marche non viene speso nemmeno un euro per messa in sicurezza dell'esistente, ma si spinge per continuare a finanziare una strada che, ben che vada, farà lavorare al massimo una decina d’operai locali: il 90% della manodopera verrebbe da fuori regione se non proprio dall’estero. Va anche detto che il “Progetto Quadrilatero” è superato, è stato concepito circa 40 anni fa, e non pensando al sisma: i rappresentanti del comitato che si batte contro la realizzazione della “Pedemontana delle Marche” sanno bene che oggi sarebbe meglio fermare i giochi. Al punto che la vetustà dell’opera (Pedemontana delle Marche Fabriano-Muccia) presupporrebbe che, alla luce di altre infrastrutture, il comitato dei cittadini chiedesse un “tavolo tecnico” per una nuova valutazione costi-benefici d’un progetto che non si sposa con l’area terremotata. Poi questo è forse l’unico caso in cui gli operatori vitivinicoli sono in perfetta sintonia con le Associazioni ambientaliste: ben sappiamo come Legambiente non sempre apprezzi l’agricoltura. In questo caso vince il buonsenso ed il verdetto non lascia fraintendimenti: “la strada è inutile e senza interventi a favore delle popolazioni terremotate”. Soprattutto, col rischio che porti all’ulteriore abbandono delle campagne, sfregiate dal passaggio del mastodontico viadotto. Dopo il sisma, una siffatta Pedemontana non garantirebbe “una migliore viabilità delle aree interne dell’appennino” (come invece sostengono gli Industriali vicini ai Merloni) ma incrementerebbe il danno alle risorse vitivinicole italiane: il caso emblematico è il tessuto sociale agricolo di Matelica che non sopravvivrà alla strada. Il rischio è ulteriore disoccupazione, che s’aggiunge agli inattivi generati dalla chiusura della Merloni. Non dimentichiamo che la “crisi strutturale” del 2008 ha determinato la chiusura degli investimenti in piccole e medie imprese nel cratere del terremoto. Il ministro Danilo Toninelli dovrebbe a questo punto imporre un “Tavolo tecnico”, valutando l’impatto odierno dell’opera: anche in considerazione del fatto che la Quadrilatero è stata partorita dalla lobby “prodiana” di cui i Merloni fanno parte. Quindi frutto d’una speculazione che non salverebbe l’Appennino dal declino economico e demografico. Non dimentichiamo che la lobby dei Merloni, a cui erano e sono collegate da più di mezzo secolo le fortune degli imprenditori umbro-marchigiani, intende con la Pedemontana realizzare l’ultimo spreco di risorse pubbliche, e senza curarsi di riavviare un sistema produttivo.
Di fatto, i 140 comuni del Cratere (coinvolge quattro regioni) hanno già pagato la mancata ricostruzione per motivi politico-burocratici. A cui s’è aggiunta l’impossibilità d’un investimento statale per motivi di bilancio. Ora, se nessuno la blocca, la Pedemontana è pronta a bruciare l’ultima economia rimasta.

Aggiornato il 26 febbraio 2019 alle ore 11:01