Governo: quando la comicità non è un’arte

No. Una comica di quelle che erano di moda ai tempi di Charlot nella quale una delegazione del Governo, due ministri, quello dell’Interno e quell’altro della Giustizia va in pompa magna all’aeroporto a ricevere un delinquente estradato da un lontano Paese, malgrado l’originalità e la scelta dei protagonisti, particolarmente adatti ad una parte del genere (anche perché incapaci di ruoli “seri”) poteva essere un lavoro discreto, ma, come spesso accadeva per le “comiche” viziate di esagerazione, anche se le “comiche” un po’ esagerate, per essere tali, devono essere.

A tutto c’è un limite, ma c’è sempre qualcuno che va oltre. Almeno da quando c’è questo Governo e il limite di cui si finisce sempre per parlare è quello del grottesco e del comico. Due ministri. A ricevere il Papa quando torna da qualche viaggio in altri Continenti ce ne va uno solo. E, però, questo è un Governo “diarchico”. Matteo Salvini non c’era chi potesse incatenarlo per non andare a fare quella baggianata. E, allora c’era bisogno che “un’altra campana” del Governo Di Maio-Salvini andasse a prendersi un po’ della gloria del buon esito della caccia all’uomo della polizia sudamericana?

Buffonata incredibile. E una buffonata non può essere manco una mediocre comica. Ma Salvini è scatenato nella ricerca di qualsiasi granello di pubblicità e di possibilità di mettersi in mostra. Questo Cesare Battisti, abusatore del nome illustre di un martire dell’italianità di una nostra provincia e degli ideali socialisti da lui professati è personaggio che ha saputo dare alla sua latitanza, una tra le tante di terroristi assassini, il sapore di una sfida della supponenza omicida nei confronti di uno Stato, seppure mal ridotto e debole. Colpevole di quattro omicidi, ha fatto quello che un latitante, che non sia anche un imbecille, non deve mai fare, pena la perdita di ogni spiraglio di probabilità di farla franca: si è fatto beffa della giustizia, per quanto zoppicante, del nostro Paese. Per molti anni, per troppi, è stato fortunato. Questa però è stata anche la sua sfortuna.

Se non fosse evaso, se non si fosse pavoneggiato della sua supposta capacità di essere imprendibile, oggi sarebbe tranquillamente libero come tutti gli altri terroristi assassini. Certo non avrebbe ricevuto il quasi omaggio di ben due ministri più imbecilli di lui andati a riceverlo. Ma ognuno cerca fortuna in quel che essa è tale per lui. Assassino e antipatico. In fatto di antipatia batte addirittura quella del ministro dell’Interno andato a riceverlo. Non è poco (di Alfonso Bonafede non parlo: è inconsistente anche in fatto di antipatia).

Quando, imperversando la violenza ottusa dei terroristi, si incominciarono a varare le leggi “speciali”, che, poi, finita quell’emergenza si è pensato bene di mantenerle come “normali”, io ero deputato e preoccupato non meno di chiunque altro di quel fenomeno di sanguinosa stupidità, ci tenni ad affermare  che uno dei motivi per i quali ero contrario a quelle leggi speciali, era il fatto che esse avrebbero giustificato una immeritata clemenza, un quasi “non è successo niente”  quando l’ondata terroristica fosse scemata. Leggi, quindi, per condannare questi assassini a pene che non avrebbero scontato per intero. Mentre assassini erano e quali assassini andavano trattati con le leggi ordinarie, più che sufficienti. Non ero un profeta. C’è un buon senso, un senso della storia che è a disposizione anche della gente comune. Battisti ha saputo non usufruirne.

La sua latitanza ha voluto essere ed è stata una sfida allo Stato ed alla Giustizia. Ne ha goduto fin troppo a lungo. Merita, di avere, in definitiva, una sorte peggiore di altri suoi “compagni”. Non merita neanche il gesto buffonesco di questi accaparratori di notorietà, di cacciatori di nuvole di gloria.

Nei giorni che Battisti avrà ora avanti a sé, se ha un minimo di razionalità, penserà a quella iattanza imbecille di quella delegazione del Governo andata a riceverlo all’aeroporto. E forse capirà quanto imbecille è stata anche la sua iattanza di latitante. Purtroppo Salvini e Bonafede non sono latitanti. Tra i gravi effetti di ricadute che il terrorismo ha contribuito a creare c’è anche la perdita del buon senso politico. Che esigerebbe che coloro che hanno votato per questi pagliacci capissero il madornale errore che hanno fatto e voltassero loro le spalle.

 

Aggiornato il 16 gennaio 2019 alle ore 16:39