Ancora una volta una rievocazione televisiva, cui sono condannato dalla mia tormentosa insonnia, mi induce a mettere per iscritto una mia convinzione che di quel servizio, fastidioso, come tutte le tiritere delle versioni della storia giornaliere e “ufficiali” e “politicamente corrette”, è nella sostanza, l’opposto. Si tratta di Enrico Mattei.

Che Mattei abbia rappresentato il personaggio centrale, l’eroe ed il simbolo del “miracolo italiano”, l’uomo che messo dalla prima grande “spartizione” degli enti più o meno inutili tra i rappresentanti dei partiti del Cln fece di uno di essi, tipica espressione del funesto ed asfittico giuoco dell’“Autarchia”, il rivoluzionario motore della industrializzazione italiana e della competizione mondiale per la produzione energetica, oltre che di una nuova politica nei confronti dei paesi ex coloniali ricchi di materie prime, è cosa incontestabile.

Ciò che il “politicamente” corretto, il culto, appunto, dell’eroe e del protagonista sono soliti sorvolare è l’aspetto negativo che il “sistema Mattei” ha rappresentato nella  nostra storia, l’indotto catastrofico, da cui il nostro Paese non ha saputo ancora (ancora è espressione di ottimismo) liberarsi, ha rappresentato e rappresenta l’effetto del “sistema Mattei” nel meccanismo della democrazia e delle Istituzioni repubblicane e, più precisamente, nel rapporto tra le Istituzioni stesse e i partiti politici, nella vita e nel ruolo di essi.

Enrico Mattei è l’inventore di “Tangentopoli”, di quel sistema che addirittura fece dell’acquisto dei partiti da parte del potere economico-finanziario, che, pure con “variazioni” assai rilevanti sul tema ed addirittura con il rovesciamento degli effetti della compravendita e del ruolo dei compratori, imperversa tuttora nel nostro Paese. Quel sistema di cui, in sostanza una banalizzazione è quella chiamata oggi (ma lo era anche allora) corruzione.

Mattei non fece mistero, addirittura vantandosene, di aver ridotto i partiti alla sua mercé. Addirittura a delle marionette mosse dai fili del flusso di denaro che dall’Eni viaggiava verso le loro casse. Il “sistema Mattei” era, in sostanza, quello di una “corruzione globale”., Un rapporto tale da comportare una sudditanza di un po’ tutti i partiti, nei confronti del “padrone del vapore”, cioè del petrolio e del gas: l’Eni e Mattei. Malgrado fosse conservata ad essi l’appartenenza delle loro contrapposizioni. E fu pure la chiave e l’origine del “consociativismo” e del “dialogo” del Pci con i Cattolici.

Le propaggini del flusso di denaro dell’Eni, oltre che del gioco politico dei suoi insediamenti industriali si aggiungeva a quello centrale. C’era poi l’“indotto” di un diffuso sistema di corruzione che in quello dell’Eni aveva il suo modello ed il suo miraggio, Naturalmente con caratteristiche e protagonisti diversi.

La morte, assai probabilmente non accidentale, di Mattei segnò la fine del protagonismo economico-politico dell’Eni ed anche quello del flusso di denaro da quell’Ente ai Partiti, la fine o la profonda modifica, del rapporto di forza tra foraggiatori e foraggianità e, con esso del tipo di corruzione. Anzi, mutò il tipo di reato, che sempre più si avvicinò alla concussione (concussione ambientale).

Il “pizzo” che i partiti si sentirono in diritto di esigere per le opere pubbliche e le pubbliche forniture non solo sostituì con il suo frazionamento la globalità dell’“acquisto” dei partiti del tempo di Mattei, ma investì anche la tendenza stessa dell’abuso del potere e del senso della compravendita.

Inoltre a riscuotere il “pizzo” ed a determinarne la misura e le spartizioni intervennero criteri diversi. Ed a riscuoterlo non fu più un gigante ma anche delle mezze cartucce. E diversa ne fu la “tolleranza” da parte della Magistratura e dei depositari della pubblica moralità.

Allora, ma anche oggi, Mattei non fu considerato un “corruttore”. Un eroe non lo è mai. Tutti, anche oggi, vi diranno che ciò avveniva “a fin di bene”. Pagando e corrompendo Mattei potè sviluppare la sua politica estera parallela e contrapposta a quella ufficiale della Repubblica, assumendo la direzione di tutta l’economia italiana. Per fermarlo l’assassinio (assai probabilmente) dovette sostituirsi al diritto ed al codice penale.

A fin di bene. Bene andò, finché andò, per l’economia del Paese. Ma non si vive di solo pane né di solo petrolio. Il veleno di “Tangentopoli”, figlia legittima del “sistema Mattei”, ammorba ancora l’Italia.

Aggiornato il 15 gennaio 2019 alle ore 13:33