Manca l’opposizione, trionfa l’imposizione

In fondo è solo una questione di una sillaba. Quasi tutti sono d’accordo che l’opposizione non solo è, almeno nelle due Camere (ancora), in minoranza, ma che quella minoranza non è che si faccia notare per la sua vivacità e la sua coerenza (Forza Italia è addirittura “alleata” con un partito di governo, la Lega!). E non si può dire che abbia grandi prospettive. Opposizione, dunque, no. E questo è in fondo ciò che garantisce ancora la sopravvivenza del governo delle risse quotidiane.  C’è però, fortissima, “l’imposizione”. Ne è capo indiscusso, anzi, “l’imposizione” è lui, Matteo Salvini, teoricamente vicepresidente del Consiglio dei ministri. In realtà né Salvini né Luigi Di Maio sono dei “vice”. È piuttosto quel certo Giuseppe Conte che, semmai, potrebbe essere il loro vice. C’è una specie di “diarchia”. Anche se è da escludere che leghisti e cinquestelle si rifacciano alla storia (che ignorano, ma, all’occorrenza, magari, potrebbero ricavarne qualcosa su Internet). Semmai essi fanno pensare ai “consoli” dell’antica Roma, carica malamente evocata nell’organizzazione della Milizia fascista –i fascisti non avevano Internet – nella quale “console” era l’equivalente di colonnello, comandante di una “legione”.

Ma se la collegialità della massima carica (annuale) della repubblica romana funzionò quasi sempre benissimo, la collegialità dei due sconsolanti vicepremier dei nostri giorni funziona malissimo. Però supplisce la mancanza dell’opposizione. La contrapposizione tra cinquestelle e leghisti è costante. Si direbbe che sia obbligatoria. Meglio però sarebbe dire che il “fastidioso” contrasto è, più che tra la Lega e il Movimento 5 stelle, tra Salvini e tutto il mondo. Che, poi, più che “l’opposizione” (cosa che fa pensare al versare sul tappeto un cumulo di ragioni, più o meno buone) pratica l’imposizione”. Cosa antipatica e brutale, ma che se non è tale non rende niente nella prospettiva elettorale. E non è facile a praticarsi. Molti leghisti, che in varie sedi provano a farlo, non ci riescono. O non così bene come Salvini. Non tutti hanno l’arroganza che ci vuole (se no non si nota abbastanza) e nemmeno sono cocciuti come il loro capo. Guardate quel povero vicesindaco di Trieste.

Ci ha provato con quell’affermazione tracotante delle lettere buttate con l’immondizia. Ha finito con le scuse. Roba che deve aver mandato in bestia Salvini. Che non si scusa neppure se inavvertitamente vi pesta un piede. Non è che i contrasti interni siano una novità. Ma, finora per lo più, sono stati sempre contrasto di chiacchiere all’interno dei partiti e contrasti molto concreti, ma “sotterranei” e destinati a lucrosi “accomodamenti” su questioni meno evanescenti. Dunque, nasce una nuova dialettica politica. O, magari, trionfa e si ingigantisce. E sostituisce quella tra governo e opposizione. È la dialettica governo-imposizione. Inventore, capo, maestro “dell’imposizione” è indiscutibilmente Salvini. Ma anche il governo o non c’è o è mera imposizione. Nei nostri confronti e di tutto il Paese. Guarda tu come cambia la storia per il cambio di una sillaba!!!

Aggiornato il 08 gennaio 2019 alle ore 13:06