Casa e Chiesa: l’Ici arretrata vale 5 miliardi

martedì 6 novembre 2018


Dall’Ici non pagata dal Vaticano possono arrivare 5 miliardi di euro inattesi. Se non addirittura 14 come sperano i Radicali di Maurizio Turco che già stanno preparando un nuovo ricorso omnicomprensivo a partire dal 1992. E a pagare saranno gli enti non-profit e la Chiesa cattolica italiana. Ci si potrebbe quasi finanziare il reddito di cittadinanza, per quanto inutile e dannoso, e magari anche l’uscita dei pensionati dalla trappola della Legge Fornero attraverso la mitica “quota 100”.

Il “dono” ci arriva, grazie ai ricorsi del Partito radicale alle magistrature europee, da una decisione in sede di appello della Grand Chambre. Che oggi, annullando una precedente sentenza negativa del 2012 - nonché una decisione “politica” in tal senso della stessa Commissione Ue - ha stabilito che l’Italia deve recuperare l’Ici non pagata dal Vaticano, dagli enti ecclesiastici e in genere da tutti i vari non-profit, veri e finti, dal 2006 al 2011. Qualcosa come 5 miliardi di euro al netto degli interessi legali.

Va sottolineato che il Governo Monti – e non solo – si oppose in sede europea a farsi pagare dalla Chiesa cattolica, che ha il golden share di questo debito, in tutte le maniere. Con la paradossale tesi che, essendo il catasto italiano male organizzato, l’amministrazione non sapeva a chi chiedere materialmente i pagamenti. Tesi poi recepita in sede europea tanto dalla Commissione Ue quanto dalla Cedu nella sentenza di rigetto del 2012 del ricorso preparato dalla scuola Montessori di Roma appoggiata politicamente e giuridicamente dagli avvocati del Partito radicale transnazionale.

La Grand Chambre che in appello ha rivoltato la frittata, parla di mere “difficoltà interne” all’Italia, “esclusivamente ad essa imputabili” e “non idonee a giustificare l’emanazione di una decisione di non recupero”. La Commissione europea, si legge sempre nella sentenza, “avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l’esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme”.

Nel dispositivo odierno si sottolinea anche il fatto che “i ricorrenti erano situati in prossimità immediata di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe” e pertanto la conseguenza era che “l’esenzione Ici li poneva in una situazione concorrenziale sfavorevole e falsata”. Va ricordato che a livello politico questa è stata una battaglia condotta sin dai tempi della Rosa nel pugno da Maurizio Turco, ex parlamentare ed eurodeputato all’epoca della lista Pannella-Bonino. La Grand Chambre ha lasciato in piedi solo la parte della decisione che riguarda l’Imu, organizzata dal Governo Monti in modo da – più o meno – distinguere nell’ambito dei beni della Chiesa quelli destinati al culto e quelli usati per scopi commerciali.

Immediate le reazioni di soddisfazione degli artefici dei ricorsi a favore della Montessori, tra cui l’avvocato Edoardo Gambaro e il suo collega Francesco Mazzocchi. Che non disperano di poter allargare il contenzioso dagli anni dal 2006 al 2011 a quelli che vanno dal 1992 al 2006, cioè dall’istituzione dell’Ici in poi. E siccome per questi crediti non esiste la prescrizione, la Corte dei conti per conto dello Stato italiano sarebbe obbligata a procedere. Almeno questo è il parere legale dello stesso Maurizio Turco e dall’avvocato fiscalista Carlo Pontesilli, altro portabandiera di questa battaglia, che hanno dedicato l’odierna sentenza di appello della Grand Chambre a Marco Pannella, che ha sempre appoggiato questa iniziativa sin dagli albori.

Inizia ora la corsa al recupero crediti: l’Agenzia delle riscossioni potrà dedicarsi alla caccia grossa invece che a quella ai piccoli contribuenti in difficoltà con le cartelle arretrate.


di Rocco Schiavone