La “Piazza Grande” di Zingaretti per il “nuovo” Pd

Ora è ufficiale: Nicola Zingaretti si candida alla segreteria del Pd. Lo ha annunciato il governatore del Lazio nel corso di “Piazza Grande”, la manifestazione che ha organizzato all’ex Dogana di San Lorenzo, a Roma, durante il fine settimana. Le primarie per scegliere il nuovo segretario del Pd, salvo nuovi rinvii, dovrebbero tenersi il prossimo 10 febbraio, dopo il congresso.

“Non credo nel tempo delle abiure – ha detto Zingaretti – dobbiamo aprire una nuova stagione, che non significa rinnegare o cancellare ma discutere della nostra storia”. Secondo Zingaretti, “per troppo tempo le differenze hanno significato liti e rotture e perciò ci ritroviamo la peggiore destra d’Europa al governo”. Il governatore è convinto che ora inizi “un percorso orientato a costruire una nuova forza popolare per proporre una nuova speranza nel Paese che partirà dai territori e potrà dire che l’Italia se l’è vista brutta ma, nel momento peggiore, una parte d’Italia lo ha capito, si è rialzata, riorganizzata e ha ricominciato a vincere. Credo che noi dobbiamo offrire all’Italia una nuova speranza. Chi ha vinto le elezioni il 4 marzo ci è riuscito, è giusto ammetterlo, ma ha iniziato a tradire quella fiducia. Volevano un Paese con meno povertà e più giustizia. In pochi giorni stanno distruggendo le speranze di tantissimi italiani, colpendo e massacrando soprattutto le giovani generazioni. Sarà un cammino lungo, perché non sarà facile, ma bisogna combattere perché ce lo chiede questo Paese, per voltare pagina costruendo una nuova speranza e salvare l’Italia”.

Renzi è stato criticato solo indirettamente. Quando Zingaretti ha detto che nel recente passato nel Pd si è cercata “più la fedeltà che la lealtà”. Il governatore ha puntato il dito contro la gestione dei migranti del governo gialloverde, sostenendo che il partito “non può festeggiare la fine degli sbarchi di migranti in Italia senza tenere conto dell’aumento dei morti in mare e delle sofferenze che avvengono nei campi libici”.

Secondo Zingaretti, il Pd dovrà puntare su una “economia della giustizia, fatta di crescita e ossessione per diminuire le disuguaglianze”. Il governatore ha invitato a “guardare in faccia il mostro”, cioè il fatto che molti elettori di centrosinistra hanno votato per M5s e anche per la Lega, nonostante “le parole eversive di Salvini”.

A “Piazza Grande”, il governatore ha incassato un importante endorsement. Quello di Paolo Gentiloni. L’ex premier non ha detto chiaramente che sosterrà Zingaretti al congresso. Ma, se in politica la forma è sostanza, la sola presenza di Gentiloni alla kermesse capitolina appare come un’evidente scelta di campo. Per Gentiloni è necessaria “un’alleanza per l’alternativa ai nazional-populisti”.

Zingaretti registra anche il sostegno di altri esponenti di peso del partito. Su tutti, il leader della corrente interna “AreaDem” Dario Franceschini, già fedele alleato di Matteo Renzi, nella lunga stagione in cui l’ex sindaco di Firenze ha guidato il Pd. Ma al fianco del governatore si schierano anche altri nomi “storici” come Andrea Orlando e Piero Fassino.

Ma a “Piazza Grande”, hanno partecipato esponenti fuori dal Pd, come Massimiliano Smeriglio o Marco Furfaro, di Rete Futura, oltre ai sindaci civici. Sono stati presenti anche gli altri competitor per la segreteria Matteo Richetti, “perché il congresso è anche ascolto” e Francesco Boccia, che ha detto che “le diverse candidature, compresa quella eventuale di Minniti, renderanno più ricco il congresso”.

A questo punto, un fatto è chiaro: Zingaretti parte in vantaggio sugli altri veri o presunti avversari. Poiché i big del partito sono portatori di “numeri” consistenti nella fase del congresso riservata ai soli iscritti. Al momento, infatti, il candidato renziano in pectore Marco Minniti non ha ancora sciolto la riserva. Così come il segretario-reggente Maurizio Martina, anch’egli presente alla manifestazione romana, che deve ancora decidere se candidarsi.

Frattanto, Renzi annuncia da Firenze che lancerà i Comitati civici per andare “oltre” il Pd. Lanciando la Leopolda, che si terrà nel prossimo weekend, ha detto che “il Pd è importante, ma non basta. C’è tanta gente che chiede di lavorare contro questo governo ma non vuole la tessera di un partito”. Secondo fonti vicine all’ex segretario potrebbe trattarsi di una corrente sul modello di Red, il partito ombra che D’Alema ha lanciato nel 2007, alla nascita del Pd di Veltroni. I più pessimisti, invece, pensano che siano i prodromi di un nuovo partito antagonista.

 

Aggiornato il 15 ottobre 2018 alle ore 16:44