Stadi di immigrazione

Un aforisma, un commento “Secondo le credenze giapponesi, il numero quattro porta sfortuna. Di sicuro la porta ai migranti che devono affrontare quattro difficili stadi per raggiungere l’Europa. Del resto, sono gli stessi stadi che fanno del fenomeno migratorio un grosso problema che nessuno può risolvere in quattro e quattr’otto”.

Il flusso migratorio attuale proveniente dall’Africa si può scomporre in quattro stadi distinti.

Il primo è la formazione, da parte del migrante, della decisione di partire e della raccolta del denaro necessario. Il secondo è il cammino per raggiungere le coste del Mediterraneo, quasi sempre libiche, magari con l’attraversamento del deserto. Il terzo consiste nell’incontro con gli scafisti e quindi nell’imbarco che diviene poi, se tutto va per il meglio, accoglimento sulle navi Ong, costiere o militari. Il quarto è lo sbarco in Italia, o in altri porti dell’Europa mediterranea, e la potenziale, ma quasi sempre fallimentare, distribuzione in vari Paesi europei.

Fermo restando che il salvataggio in mare è obbligatorio così come lo è l’accoglienza dei migranti per motivi bellici, il problema della limitazione della notevole massa dei migranti detti “economici” richiede l‘esame attento dei quattro stadi sopra delineati. Innanzitutto, sembra piuttosto limitato pensare di fermare i flussi partendo dal quarto stadio, cioè quando i migranti sono già su navi in vista delle coste. Si può fare, ma, come è stato detto da più parti, solo come misura provvisoria in attesa di stabilire una politica comune a livello Ue. A questo proposito, se le partenze dai vari Paesi africani oggi interessati dal fenomeno dovessero rimanere costanti per qualche tempo, è evidente che un quadro di regole comunitarie dovrà pur essere trovato. Il caso dei Paesi detti di Visegrád è certamente un ostacolo che dovrà essere in qualche modo superato. Un buon aiuto potrebbe provenire, ma è vana speranza, dal Papa, il quale, prendendo atto che il rifiuto di accogliere anche un solo migrante lede la Virtù Teologale della Carità cristiana, dovrebbe, come forse sarebbe avvenuto in tempi passati, minacciare la scomunica dei governanti di questi Paesi, fra i più dichiaratamente “cristiani” d’Europa. Quanto al terzo e al secondo stadio essi non possono che essere controllati, fino all’arrivo nelle acque internazionali, dai Paesi nel cui territorio o nelle cui acque i migranti si trovano di volta in volta.

Il vero nodo su cui si dovrebbe agire è invece costituito dal primo stadio: la decisione di masse di africani, dall’età media piuttosto bassa, di mettersi in cammino. Qui, nel medio e lungo periodo, si possono certamente mettere in atto trattati e politiche economiche che rendano più rara la decisione di partire. Però, occorre tempo, mentre il problema dei flussi richiede ormai soluzioni immediate.

Se, come pare appurato dai dati statistico-economici, un tasso di immigrazione perfettamente quantificabile è non solo accettabile ma conveniente, allora l’Europa dovrebbe calcolare, Paese per Paese, quanta migrazione può assorbire anno per anno, per mezzo di contratti veri e propri, stabilendo nel contempo precise ed efficienti sanzioni per i clandestini.

Le quantità così stabilite, dovrebbero essere divulgate nei Paesi interessati nei quali i migranti possano presentare domanda. Il punto è che, quelli, sono Paesi sovrani a tutti gli effetti che potrebbero rifiutarsi di collaborare e, dunque, la comunicazione dei ‘bandi’ dovrebbe essere effettuata direttamente dall’Europa attraverso la radio-televisione e la telematica.

Si tratterebbe di un’impresa concreta in termini di quella scienza della comunicazione che troppo spesso si limita a dar voce a “esperti” che fanno l’anatomia del parlato di questo o quell’uomo politico o ad elaborare fumose teorie sociologiche. Un’attività che, comunque, sul piano tecnico non raramente sa porre in essere campagne di buon successo, nella pubblicità, nella propaganda o nel trasferimento al pubblico di conoscenze rilevanti, per esempio in campo medico.

Non è difficile immaginare che un finanziamento massiccio da parte della Ue e l’incarico ad un gruppo di agenzie europee di consolidata reputazione professionale, potrebbe realizzare un’efficace campagna radiotelevisiva e Internet. Essa, per mezzo di testi, immagini e testimonianze, consentirebbe ai giovani africani di prendere atto non solo della reale disponibilità di “posti” legali nei vari Paesi europei, ma anche delle condizioni non proprio paradisiache che vengono già ora riservate alle masse che spontaneamente decidono di partire contribuendo a rendere miserevole qualsiasi metodica di accoglienza e di integrazione.

L’ipotesi su cui tutto questo si fonda consiste nella convinzione che la “formazione della decisione di partire nasca nei giovani in questione dall’attrazione che esercita su di loro la visione, intensa e quotidiana, di immagini televisive e siti Internet dai quali deducono un livello di vita europeo sfolgorante, ricco, pieno di promesse e dunque attraente, un po’ come lo era per milioni di contadini italiani l’America del Sud alla fine del secolo XIX, quando venivano a sapere delle opportunità offerte da quel continente. Essi però aspettavano con ansia la “lettera di chiamata” dal Brasile o dall’Argentina e non si imbarcavano comunque fosse, mettendo nei guai se stessi e i Paesi d’arrivo.

Aggiornato il 20 luglio 2018 alle ore 12:58