Le “eclatanti dimenticanze” della “Trattativa”

All’interno delle istituzioni in molti sapevano. La “Trattativa” fra i carabinieri del Ros e l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino era nota. Eppure, non se n’è parlato per una ventina d’anni. Nel ventiseiesimo anniversario della Strage di Via D’Amelio in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, ecco le motivazioni della sentenza sulla “Trattativa”. Le carte, depositate ieri, criticano le “eclatanti dimenticanze”, ma anche la “deposizione sorprendente” di Liliana Ferraro, un’amica storica di Giovanni Falcone, che prese il posto del magistrato all’ufficio Affari penali del Ministero della Giustizia.

“Avrebbe potuto fornire − si legge nelle motivazioni − tempestivamente ed in modo assolutamente spontaneo informazioni che erano dirette a meglio ricostruire quel contesto che ha preceduto e seguito le stragi di Capaci e di via D’Amelio”. Nel giugno 1992 il colonnello Mario Mori aveva incontrato Liliana Ferraro al Ministero per invocare una sorta di “copertura politica” al dialogo con Ciancimino. Viene smentita, in buona sostanza, la ricostruzione di Mori e di Giuseppe De Donno, ex ufficiale dei carabinieri. Ciancimino non venne trattato da “confidente”. Tramite l’ex sindaco si instaurò una trattativa con Cosa nostra. I giudici censurano “l’evidente tentativo di Liliana Ferraro di minimizzare gli approcci del Ros con Ciancimino”. Non solo. Viene riportato che la Ferraro ha parlato alla magistratura soltanto il 14 novembre 2009. “Dopo che ne aveva riferito l’ex ministro Martelli”.

Lo stesso Claudio Martelli ha deciso di parlarne molti anni dopo. Da quanto si apprende oggi, la Ferraro disse a Mori di informare subito i magistrati di Palermo. La donna ne parlò a Borsellino, nel corso di un incontro in aeroporto. A questo punto la domanda è d’obbligo: il magistrato sapeva davvero della “Trattativa” in atto? Secondo il collegio presieduto da Alfredo Montalto, a latere Stefania Brambille, la morte di Borsellino subì “un’accelerazione” ordinata da Totò Riina. L’ipotesi è che il magistrato volesse opporsi. Tra gli “smemorati di Stato” figura anche Fernanda Contri, all’epoca segretario generale della presidenza del Consiglio. Anche la donna seppe della “Trattativa” dai carabinieri. Eppure, ha deciso di parlare solo parecchi anni dopo. Quando il caso è esploso attraverso le dichiarazioni del testimone Massimo Ciancimino. Oggi il figlio del sindaco mafioso viene considerato dai giudici “del tutto inattendibile”. Nella sentenza sta scritto che “le dichiarazioni di Ciancimino hanno fatto recuperare la memoria a molti esponenti delle istituzioni (da Claudio Martelli a Liliana Ferraro al presidente della commissione antimafia Luciano Violante al ministro Giovanni Conso)”. A proposito di Conso, i  giudici di Palermo sostengono “l’assoluto evidente contrasto fra le prime dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria nel 2002 quando ancora il tema trattativa non era salito alla ribalta delle cronache con le altre sue dichiarazioni del 2009”.

Aggiornato il 20 luglio 2018 alle ore 14:08