Il merito di Salvini

Al netto del respingimento scenografico della nave Aquarius, cosa ha fatto Matteo Salvini di così eclatante da meritarsi una simile popolarità? Se lo chiedono costantemente i suoi detrattori finendo con il rasentare la banalità e sconfinando nella retorica più becera. E il fatto di non capire le ragioni profonde del salvinismo – così come accadde con il berlusconismo – finirà con il costar loro la marginalità se non addirittura l’estinzione.

Il respingimento rappresenta la nemesi del pensiero benpensante, quella vendetta fatale riparatrice di una lettura distorta del fenomeno migratorio e del concetto ipocrita di Europa. Il respingimento di Aquarius è stato una bomba a doppia deflagrazione: una di stampo interno e l’altra di stampo europeo. Da una parte la sinistra che si affanna a vendere lo stesso modello integrazionista fallimentare di sempre mostrandosi inadeguata a percepire il problema e con la stessa incapacità di sempre a fornire risposte che travalichino i soliti salamelecchi. Salvini ha appunto messo in luce quanto sia vacuo il modello progressista che non sa andare oltre l’indignazione finto buonista e i fantasmi del passato tirati fuori ad arte pensando di impressionare chi di fronte al peloso richiamo al fascismo di maniera non si spaventa più.

Dall’altra un’Europa matrigna che adesso non può più nascondersi dietro la connivenza dei governi italiani mondialisti e remissivi uscendo per forza di cose allo scoperto. E si palesa in tutta la sua arroganza allorché, all’interno del pre-vertice europeo dedicato ai temi dell’immigrazione e dell’asilo che si terrà questa settimana a Bruxelles, pretende di continuare a rifilare i migranti all’Italia, di tenere chiusi i porti spagnoli e francesi, di non obbligare i partner europei all’equa distribuzione solidale dei disgraziati e di imporre anche il rinvio nel nostro Paese dei profughi sbarcati inizialmente nei porti italiani.

E che fine ha fatto la bontà dei socialisti spagnoli in tema di migranti? Che fine ha fatto la grandeur d’animo francese che ha spinto autorevoli esponenti politici transalpini a definirci vomitevoli? Che fine hanno fatto i buoni propositi della cancelliera Angela Merkel che si rincresceva di aver lasciato sola l’Italia in tema di immigrazione? Per l’Europa i buoni propositi vanno bene a patto che nessuno chieda loro di darvi seguito.

Salvini ha il grande merito di aver puntato i piedi spingendo i nostri partner ad andare oltre la burocratica dichiarazione e il sorriso algido di rito, spingendo costoro a palesarsi per quello che sono: delle canaglie, dei doppiogiochisti che amano l’Europa fino a quando essa equivale a un sodalizio nel quale loro ci guadagnano alle spalle dei fessi. E se i fessi alzano la testa pretendendo di ridiscutere i patti di Dublino, allora i cari alleati non ci stanno più e cospirano (l’asse franco-tedesco, lo spread, i pre-vertici e diavolerie simili) purché i fessi rimangano fessi e si comportino da pied-à-terre dei padroni del Continente.

Salvini, che fino ad ora ha fatto solo proclami e magari non combinerà mai nulla passando alla storia come il peggiore ministro della Repubblica, ha restituito la dignità a un popolo sempre debole e timoroso nei consessi continentali e che a tratti ti potevi comprare con gli ottanta euro.

Che Angela Merkel – alla minaccia italiana di non prendere parte a un vertice che sostanzialmente non riscrive le regole dell’accoglienza – telefoni a Palazzo Chigi rassicurando l’Italia, è sintomo che per la prima volta nella storia qualcuno ci prende sul serio capendo di non avere di fronte un banchiere come Mario Monti piuttosto che un commerciante come Matteo Renzi o un Conte educato ma debole come Paolo Gentiloni. Si chiama riconquista del proprio onore. Come merito non è poco.

Aggiornato il 22 giugno 2018 alle ore 12:33