Contratto bifido

Servi e servitori. I primi lo sono in quanto al servizio del popolo (della rete o dei gazebo) che li ha prescelti ma non eletti, mentre i secondi servono in modo classico “Il Padrone”. In questo caso, i Domini sono due, entrambi un po’ Orazi e un po’ Curiazi: insomma, non si sa alla fine chi uccide chi e per quale ragione.

A farne le spese, a quanto pare sarà quel “meschineddu” pirandelliano che avrà la carica onorifica di Presidente del Consiglio: in pratica la principale figurina del presepe apprestato dai due contraenti. Sarà davvero un grande spettacolo teatrale (non saprei dire se brechtiano o goldoniano) assistere a qualche Consiglio dei ministri, duplicato da un non meglio specificato controllore esterno denominato “Comitato di conciliazione” che, tuttavia, appare come una minaccia per un Esecutivo che faccia il monello, piuttosto che una vera e propria camera di compensazione istituzionale. Finora quest’ultima, per prassi e per coerenza costituzionale, poteva essere un organismo parlamentare di controllo sull’operato del Governo, o un Consiglio di Gabinetto previsto dalla legge n. 400/88. Invece, il nuovo istituto è un ibrido che miscela al suo interno ruoli parlamentari, politici e governativi essendo composto dai capigruppo rispettivi di Camera e Senato di Lega e M5S, oltre che dai due Domini (molto probabilmente essi stessi ministri del Governo di contratto) e dal Premier.

Ma la cosa divertente (si fa per dire) è rappresentata dalla retrocessione del Presidente del Consiglio da “primus inter pares” a un semplice amministratore di condominio, che ha solo il regolamento come faro-guida per lo svolgimento della sua attività. Perché, in fondo, la stessa scelta di denominare “contratto” un accordo di governo e di scegliere solo successivamente a posteriori un Premier-esecutore ha esattamente lo stesso significato. Ma qui viene il bello: una volta nominato, il Presidente del Consiglio risponde solo alla legge e alla Costituzione. Cioè, i suoi poteri sono del tutto esterni al contratto, in quanto è lui che (articolo 95 Costituzione) “mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo”, ovvero emana provvedimenti e direttive vincolanti per tutta la Pubblica amministrazione. In più, ha un potere esteso di iniziativa legislativa, come l’adozione di decreti legge e di quelli legislativi, e la presentazione al Parlamento dei disegni di legge d’iniziativa governativa. Non solo: a norma della Costituzione, è componente di diritto del Consiglio europeo dei capi di Stato e di Governo dove si decide la politica di vertice dell’Ue. Certo, il “Comitato” lo può mandare a casa facendolo sfiduciare dalle Camere ma, nel frattempo, lui con “motu proprio” potrebbe mandare a casa loro per attentato alla Costituzione, mobilitando esercito e polizia!

Come si vede, saper giocare con le regole giuste che ci sono è una cosa di vitale importanza. Come, ad esempio, nel caso che davvero ci si voglia impegnare nell’avventura tutta in salita di una riforma costituzionale per l’introduzione del vincolo di mandato. E qui, francamente, capisco ancora meno. Se si vuole azionare davvero l’articolo 138 della Costituzione allora tanto vale allargarsi con il lavoro, magari mettendo mano alla forma-stato attraverso l’introduzione di una Repubblica presidenziale alla francese (facendo felici Matteo Renzi e Silvio Berlusconi!), che taglierebbe di netto il nodo gordiano su chi vince e governa, nonché inserendo il referendum approvativo per i Trattati internazionali e loro modifiche, che metterebbe in ginocchio l’arroganza dei nostri tutor euroburocratici di Bruxelles. E, ben attenzione: chi dovesse tacciare una simile misura come “populista” sarebbe lui un sincero antidemocratico, visto che non pochi ordinamenti dei Paesi Ue, come la Francia, confermano questo tipo di consultazione “popolare”! Si sa, però, che quando si invecchia si possono dare solo consigli giusti non potendo più peccare.

Aggiornato il 17 maggio 2018 alle ore 19:32