Genova, il manifesto provita censurato

mercoledì 16 maggio 2018


Un manifesto. Un abbraccio alla vita, puntualmente censurato dalla sinistra. Ci si chiede se sia giusto o sbagliato oscurare un pensiero, bello brutto che sia. E se poi citiamo il sacrosanto diritto alla libertà di pensiero, garantito dalla Costituzione, allora, inevitabilmente, diventa tutto più chiaro. Limpido.

Se un cattolico sceglie la vita sull’aborto deve avere la possibilità di dirlo. E, perché no, scriverlo su tutti i muri del Paese. “Tu eri così a 11 settimane: e ora sei qui perché la tua mamma non ti ha abortito”. È la scritta che compare sul manifesto anti-aborto appeso a Genova nei pressi della chiesa di Santa Zita, nel quartiere della Foce. Al centro del cartellone, l’immagine di un feto e in basso il logo dell’associazione ProVita, responsabile dell’iniziativa che dopo Roma ha innescato forti polemiche anche nel capoluogo ligure.

La comparsa del cartellone non ha lasciato indifferenti partiti e sindacati, che ne chiedono l’immediata rimozione. Il Pd genovese, in una nota, dichiara che “il maxi-manifesto contro l’aborto affisso in corso Buenos Aires è inopportuno e lesivo della sensibilità delle donne e di ognuno di noi: immagine e messaggio scelti costituiscono un attacco alle donne”.

Mentre la Camera del Lavoro si rivolge direttamente a istituzioni e comune, che dovrebbero far rimuovere quel cartello. Abortire non è un reato. Dura la risposta di Forza Nuova: “Alla rabbiosa reazione della Cgil che ne vorrebbe la rimozione, rispondiamo con gli esempi di Polonia e Ungheria dove esiste una forte identità cristiana e nazionale che ha condotto a una legislazione in difesa ella vita. Prendiamo esempio da chi non accetta sudditanze alle lobbies abortiste e antipopolari di Bruxelles e invitiamo il sindacato a preoccuparsi della difesa dei diritti delle madri piuttosto che a rimuovere un manifesto”, scrive il partito di Roberto Fiore.

Anche a Roma, all’inizio di aprile, era scoppiata la stessa polemica. Alla fine il sindaco Virginia Raggi aveva ceduto: via il manifesto. Con buona pace dello Stato di diritto.


di Redazione