C’erano (forse) una volta i “moderati”

Con una buona dose di ottimismo si potrebbe affermare che da questa insulsa cagnara post (ma non solo post) elettorale e da questo balletto delle cosiddette consultazioni, qualcosa di buono sta pur venendo fuori. Sta venendo fuori, ad esempio, che l’esistenza di un partito e, tanto meno, di una coalizione di “moderati” non esiste. E, che, se mai è esistita, non si sa più che fine abbia fatto.

Potrei vantarmi (se vantarsi non fosse di per sé manifestazione di sciocchezza) d’essere, nei confronti di Silvio Berlusconi, “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”. Non essendo Alessandro Manzoni (che, poi, tanto vergine non era...) dirò semplicemente che del Cavaliere non ho mai potuto digerire il suo appello ai “moderati”, e il dichiarare di rappresentarli. Senza nessun malanimo, queste dichiarazioni mi facevano venire i brividi e mi facevano pensare a non altro che ai “moderatamente imbecilli”, ai “moderatamente incazzati”, ai “moderatamente conservatori” e ai “moderatamente progressisti”. Ma, soprattutto, ai moderatamente succubi del potere, di chi ce l’ha e di chi racconta di averlo. Bene o male uno che, secondo Silvio Berlusconi, “moderato” avrebbe dovuto considerarsi (e che tale avrebbe dovuto riconoscersi solo in quanto appartenente alla prima categoria con variante cioè Matteo Salvini) mi pare che oramai sia impegnato a superare ogni sospetto di moderazione e se la vede con colleghi e concorrenti del “vaffa” di Beppe Grillo.

È finito il centrodestra? Se per centrodestra s’intendeva quella “Triade” così denominata ci sarebbe da rispondere che il centrodestra non è mai esistito. Alla sua prima “uscita” in politica, impegnato a salvare il salvabile dallo scempio che il golpe giudiziario aveva fatto della classe politica Italiana, raccogliendo i cocci del “Sistema D.C.” Berlusconi, giustamente e opportunamente, secondo la situazione e l’urgenza del momento, fece appello ai “moderati”. E chiamò sotto le sue bandiere, dando così loro la possibilità di sopravvivere e di evitare di ritrovarsi nel mucchio dei cadaveri della grande “esecuzione sommaria”, i “federalisti-separatisti” di Umberto Bossi e gli ex (?) fascisti di Gianfranco Fini. Per gli uni e per gli altri la “moderazione” era un salvacondotto, il programma di un “affidamento in prova”.

Il proseguire dell’azione golpista giudiziario spostatosi velocemente su Berlusconi, prima ancora che mettere in difficoltà e in crisi tale personaggio ha dato una mano a quei suoi “alleati-beneficiati” alterando, all’interno della coalizione, il rapporto di forze a favore di essi. Non dimentichiamo che la Lega, alla prima uscita, rimase al di sotto del 4 per cento e non raggiunse il quorum per usufruire della porzione proporzionale dei seggi.

La graticola giudiziaria su cui fu posto Berlusconi rovinò indirettamente Alleanza Nazionale vellicando la stoltezza dei disegni di “successione” di Fini, ma pure indiscutibilmente favorì la Lega e i suoi “umori incazzati”. Nella gran confusione mentale dei leghisti, infatti, la mattanza giudiziaria fu recepita e apprezzata con gioia da tifoseria da stadio. Ci voleva una bella dose di apparente mancanza di senso dell’umorismo per consentire a Berlusconi di definire la sua “coalizione” col crescente peso in essa della Lega e della Lega di Salvini, la “Casa dei moderati”.

I nodi arrivano al pettine. Oggi Salvini è l’interlocutore “naturale” dei Cinque Stelle. Che cosa abbiano in comune non conta. Perché, intanto, hanno in comune il vuoto, la rozzezza e quant’altro è ben noto. Altro non occorre. Il centrodestra è dunque finito? Certo che l’equivoco è oggi manifesto. E certo non è solo il sostanziale grillismo di Salvini a indurre a una risposta positiva all’interrogativo. C’è il “moderatismo” paralizzante di Forza Italia, di cui avvertimmo dolorosamente ben più che i sintomi, in occasione del referendum costituzionale. È finito il centrodestra come “forza per governare”. Questa cosa, del resto, non fa un partito. Che deve essere, potenzialmente sempre, anche forza di opposizione. Non so se Berlusconi sarà capace di capire ciò e di dare vita intorno a sé a quella “Rivoluzione liberale” che, ridicola come programma di governo e di governo di una coalizione con arnesi come Salvini, è essenziale come elemento di vitalità della nostra Repubblica, come punto di riferimento di passioni e di resistenza, di opposizioni, intanto, alla violenza antidemocratica dello squadrismo giudiziario e della demolizione della civiltà liberale.

Non tutti i mali vengono per nuocere. Qualcuno, forse tutti noi, in fondo, pensiamo che sia meglio che a darne la prova siano gli altri. Ma è ora di dimostrare d’avere la forza d’animo e di mente di accettare queste prove.

Aggiornato il 19 aprile 2018 alle ore 18:44