L’auto conventio ad excludendum dei grillini

Un partito di “onesti impostori” come quello espresso dalla Casaleggio Associati meriterebbe di per sé una “conventio ad excludendum” sulla falsariga di quella sacrosanta che per tutto il periodo dal dopoguerra alla caduta del Muro di Berlino colpì il Pci. Ma la notizia è che adesso questa “conventio” sta diventando in pratica auto imposta a forza di veti e dichiarazioni di esponenti come il senatore Vito Crimi o il capogruppo a Palazzo Madama, Danilo Toninelli.

Un autogoal come quelli che fanno i difensori alla Daniele De Rossi per precedere un attaccante che sta segnando. E che spesso arriva come il cacio sui maccheroni per la squadra che sta faticando a sbloccare il risultato. In questa settimana la perdita di credibilità dei Cinque Stelle, dallo smascheramento del cambio di programma (operato alla chetichella dagli “esperti” di Luigi Di Maio) in giù, ha raggiunto apici difficilmente ipotizzabili a priori. E anche questa torma di arrampicatori sociali travestiti da filosofi, esegeti del nulla, sociologi d’accatto e presenzialisti televisivi,  che per un po’ ha fiancheggiato il nulla dei vari Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, comincia a essere stufa di esporsi per dei ragazzini impazziti. Ben consci che un domani una sorta di processo di Norimberga mediatico, come piace a loro, per la rispettiva evidente malafede potrebbe non toglierglielo nessuno.

La linea politica grillina, d’altronde, è praticamente ridotta a quel grand guignol farsesco della kermesse Sum#02. Che naviga tra urla giustizialiste e idolatrie di massa – tipiche delle love bomb di setta – magari rivolte a pm sempre in debito di visibilità e potere (nel momento che i processi da loro istruiti si infrangono quasi sempre con la dura realtà delle assoluzioni) e applausi per l’ultimo arrivato che spiega al mondo come si riciclano a spreco zero i rifiuti. Il tutto sognando sindaci che entrano nella casa di poveri cittadini per spiegare loro come si divide la mondezza.

L’incarico alla Elisabetta Casellati porrà forse fine alla velleità di Luigi Di Maio di battere i piedi per terra e sporcarsi tutto, nell’illusione che Mattarella, magari per stanchezza, lo nominerà premier. Più facile che dopo l’ennesimo “gran rifiuto”, sempre che il Pd non decida di suicidarsi per salvare un posto di sottogoverno per gente come Dario Franceschini, non si punti ad allargare la maggioranza a base centro destra con i renziani. E con quanti a sinistra si faranno convincere che alla fine Berlusconi rimane il male minore. Di gran lunga minore.

Se questo scenario dovesse prendere corpo e magari stabilizzarsi nel tempo, i cittadini italiani potrebbero tornare ragionevoli e condannare gli auto emarginatisi grillini  a una conventio ad excludendum che per un lungo periodo potrebbe diventare prassi. Almeno finché la moda isterica di urlare “onestà, onestà” non passerà del tutto. Come negli anni sono passati i vari partiti degli onesti (quasi sempre venati da impostura implicita) da Antonio Di Pietro e dalla rete di Leoluca Orlando in poi. Amen.

Aggiornato il 19 aprile 2018 alle ore 13:50