Dal veto al voto il passo è breve

Trascorsi trentacinque giorni dalle elezioni poco o niente è cambiato rispetto alla fiammata sulla presidenza delle Camere. Del resto gli italiani da ben prima del voto hanno subito una sorta di plagio sulla pazienza, che sarebbe stata necessaria vista la legge elettorale. Insomma, tutta l’informazione si era fatta carico di suggestionare i cittadini che l’esito del voto avrebbe portato a uno stallo lungo, rischioso e complicato.

Per farla breve, non solo è andata così, ma il susseguirsi di veti, tatticismi e soprattutto troppa arroganza da parte dei partiti, stanno precipitando ulteriormente il quadro. Inutile sottolineare le teatralità alle quali stiamo assistendo da tutte le parti, perché piaccia o meno continuando  così prima o poi si torna al voto.

Del resto, Sergio Mattarella per quanta pazienza abbia messo in conto per ricercare una soluzione, non potrà aspettare all’infinito e magari dopo il secondo o il terzo giro qualche decisione sarà obbligato a prenderla. Ma se questa fosse la linea e nel giro di sei, sette mesi tornassimo a votare, cosa cambierebbe? Probabilmente niente e forse andrebbe peggio. Insomma, senza la modifica della legge elettorale più scriteriata della storia, il Paese continuerebbe ad avvitarsi su se stesso con il rischio di collassare davvero.

Ecco perché delle due l’una, o la si smette di porre veti, oppure ci si accordi subito su una nuova legge elettorale per restituire la parola ai cittadini velocemente. Per farla breve tutto fuorché insistere così come si sta insistendo, anche perché la quiete dei mercati nei nostri conforti non deve e non può illudere nessuno. Va da sé, infatti, che un attacco di sfiducia al debito sovrano, in una situazione di stallo come questa, sarebbe a dir poco devastante e micidiale. Sia chiaro, non ci farebbero saltare perché sconveniente per tutti, ma la Ue ci obbligherebbe a scelte esattamente opposte a quelle che i contendenti al governo auspicano.

Vale sia per i grillini che per il centrodestra, un attacco di sfiducia al debito pubblico disintegrerebbe in un secondo ogni programma elettorale dell’uno o dell’altro. Insomma flat tax, reddito di cittadinanza, azzeramento della Legge Fornero e così via, nel giro di qualche tornata di Borsa diventerebbero vapore acqueo.

Ecco perché il senso di responsabilità richiamato da Sergio Mattarella a questo si riferisce ed ecco perché la distanza fra veto e voto si assottiglia. Bisogna accelerare e fare presto, a partire dal centrodestra che ha vinto per numero di consensi elettorali, troppi distinguo non giovano e non servono. Del resto la realpolitik insegna innanzitutto che il bene collettivo in certi casi è solo ed esclusivamente il male minore, ammesso che sia...

Aggiornato il 09 aprile 2018 alle ore 17:20