Di Maio guarda al Pd condizionato dai tedeschi

Lo scorso 4 aprile è stato pubblicato sul blog del Movimento 5 Stelle un articolo a firma Luigi Di Maio (leader del partito e premier in pectore). Nel pezzo si legge “proponiamo un contratto di governo come quello che viene sottoscritto dalle principali forze politiche in Germania dal 1961 – scrive Di Maio – È un contratto in cui scriviamo nero su bianco, punto per punto, quello che vogliamo fare, dove si spiega per filo e per segno come si vogliono fare le cose e in quanto tempo. Dentro si inseriscono tutti i dettagli delle cose che si devono fare, si firma davanti agli italiani e poi si realizza. Quello che c’è scritto è ciò che il governo si impegna a fare”.

Una proposta di “contratto alla tedesca” che, volutamente, il leader del M5S ha avanzato al Partito Democratico e non a Forza Italia: ha soltanto finto di farla alla Lega per bruciare i rapporti tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Fortunatamente il leader dei leghisti non ha abboccato. Un contratto di governo alla tedesca suggerito a Di Maio, dicono i ben informati, da “ambienti internazionali”: e perché l’Unione europea s’impegnerebbe a non molestare il Governo Di Maio qualora avesse come alleato il Pd. Siamo all’ennesimo schiaffo europeo alle volontà dell’elettorato italiano. In Germania è tradizione consolidata che le forze politiche sottoscrivano un accordo (o contratto) di governo. Di recente, lo scorso 12 marzo, Cdu/Csu (democristiani tedeschi) e Spd (socialdemocratici) hanno firmato un accordo noto alla stampa come “Una nuova partenza per l’Europa” (è composto di 175 pagine, più di 50 riguardano cose che interessano a economia e banche).

Di fatto a Di Maio sarebbe stato “suggerito” di fare un gesto simile col Pd. Questo genere di accordo viene siglato in Germania sempre dopo il voto, perché col sistema “proporzionale alla tedesca” è normale che le coalizioni nascano dopo le urne. Succedeva qualcosa di simile in Italia nella cosiddetta Prima Repubblica: potrebbe ricapitare solo se 5 Stelle e Pd s’accordassero, visto che il “Rosatellum” è un sistema “quasi proporzionale” ideato dal democratico Ettore Rosato. Jacques Pezet, fact checker del progetto tedesco Correctiv.org, afferma che “sul sito della Konrad Adenauer Foundation (vicina al partito conservatore) si scrive che ci sono state ‘discussioni circa la coalizione non pubblicate, in forma di scambi epistolari’ fin dal 1949. Il sito pubblica anche una versione degli ‘accordi di coalizione’ del 1957, che sono davvero molto simili ai contratti di coalizione (Koalitionsvertrag) attuali. Ciò sembra rendere il 1961 l’anno del primo Koalitionsvertrag, e quel documento fu espressamente così chiamato”.

Per quanto riguarda il valore di simili accordi, Pezet sostiene “se si legge il contenuto dei ‘contratti’ si può notare come questo non sia molto preciso. Dà più un indirizzo che il governo intende prendere che non un elenco di leggi che verranno votate. Ad esempio quello appena siglato stabilisce, per quanto riguarda l’immigrazione, che ‘vogliamo evitare il ripetersi della situazione del 2015’ e dice che si vogliono sviluppare collaborazioni coi Paesi in crisi, ma senza menzionare espressamente quali siano i Paesi in questione”.

Secondo Gümpel (corrispondente dall’Italia per la tv tedesca) il “Koalitionsvertrag è una dichiarazione di volontà politica, che non può essere in alcun modo vincolante perché in Germania (come del resto anche in Italia, articolo 67 della Costituzione) vige una norma costituzionale che impone il divieto di ‘mandato imperativo’ ai parlamentari. Questi rispondono solo alla nazione e agiscono secondo coscienza, qualsiasi accordo che andasse a limitare giuridicamente la loro coscienza sarebbe incostituzionale... il contratto del 1961 era di appena 9 pagine, di cui cinque dedicate a principi di politica estera – spiega Gumpel – Era infatti l’anno dell’innalzamento del muro di Berlino, e con quel documento Adenauer voleva rassicurare gli Alleati, a dispetto delle voci che davano la Germania Ovest in avvicinamento all’Unione Sovietica, circa il saldo ancoraggio all’Occidente. Dunque per la politica nazionale erano state redatte quattro pagine per quattro anni di governo”.

Di Maio non è Adenauer, ma certamente sta obbedendo (ascoltando) a quei poteri europei ed occidentali che gradiscono “manovratori addomesticati”.

Aggiornato il 06 aprile 2018 alle ore 21:15