L’Europa si è accorta che l’Italia è in pericolo

Il grido di allarme che i “Grandi” dell’Europa, Angela Merkel ed Emmanuel Macron per la situazione italiana (o, per essere più precisi e meno ottimisti, per le ripercussioni sull’Europa dell’impasse politica in cui il nostro Paese si trova) aggiungono, invece di attenuare, i motivi di preoccupazioni che dobbiamo avere per il nostro stato delle cose.

È il caso di dire subito che non è questo che ognuna delle forze politiche oggi in bilico in Italia poteva augurarsi o pretendere dai governanti di Francia e Germania e dall’Europa, per quel tanto che essa esiste e costituisce una entità autonoma. Ho l’impressione che la grande stampa, i grandi interessi che scherzano col fuoco e poi gridano al pericolo di incendi, abbiano accolto la presa di posizione (se così può definirsi) Merkel e Macron con un mezzo sospiro di sollievo ed un mezzo ripiegare sul “meglio tardi che mai”.

Ma le odierne preoccupazioni franco-tedesche sono la naturale, stolta prosecuzione dell’atteggiamento tenuto da quei Paesi nei nostri confronti per anni senza volerne considerare le inevitabili conseguenze sulla situazione politica generale del nostro Paese.

La sciagurata noncuranza dell’Europa per i gravissimi problemi del nostro Paese, il fatto che, di fronte al fondamentale problema della invasione afro-asiatica l’Europa abbia risposto semplicemente considerando che il suo confine, quello da difendere, è rappresentato dalle Alpi e non dal Canale di Sicilia, ha per più versi rappresentato una delle più gravi cause di depressione in cui versa la nostra società civile e politica, della delusione e disaffezione per la politica e, di contro, per la sopravvivenza e l’esplosione di estremismi irrazionali. Anche se la classe politica italiana non poteva certo contare sulle stime e la considerazione di quella di altri Paesi, si può dire che l’Europa non ha mosso un dito per denunziarne tempestivamente l’artificiosa liquidazione di ogni residuo di credibilità e di prestigio.

Del resto l’Europa applaudì alla distruzione del sistema politico della Prima Repubblica, alla persecuzione dell’intera (o quasi) classe politica. Non perse occasione per manifestare scetticismo e ostilità rispetto all’operazione di “recupero dei cocci” con la quale Berlusconi impedì che quel golpe andasse subito al completo successo consegnando l’Italia ad un partito comunista, screditato sul piano internazionale, ma forte delle acquisizioni spartitorie conseguite con gli equilibri della Guerra fredda. Oggi l’intervento allarmato franco-tedesco non sembra discostarsi da una politica di scetticismo e di “influenze” sul nostro Paese. Non tocca e non propone soluzioni sulle cause della nostra crisi, non promette la fine di autentiche situazioni sopraffattorie. Sembra piuttosto indirizzato a “far finta di niente”, a superare le “beghe sciocche” tra i partiti. Invoca l’inciucio. Sembra impossibile, ma c’è chi ritiene che le tendenze agli inciuci tossici ed inconcludenti che dominano la nostra politica, abbiano bisogno di esortazione e di spinta esterna. Meglio tardi che mai?

Forse un richiamo a problemi seri e gravi della situazione non solo europea del nostro Paese, che fosse intervenuta almeno un mese fa avrebbe potuto essere davvero “meglio che niente”.

Oggi l’ammonimento dei Paese d’Oltralpe rischia di aumentare la rabbia stolta e l’insofferenza per la ragione. Non ne abbiamo bisogno.

 

 

Aggiornato il 19 marzo 2018 alle ore 17:21