Antifascismo: fumo per raccattare voti

Protestano perché, a loro dire, cinquantamila Euro di multa comminati alla Lazio per i famosissimi adesivi di Anna Frank sono una condanna lieve. Altri vogliono cancellare i nomi delle vie intitolate a coloro che firmarono il manifesto della razza mentre invece il vero problema di quelle strade è che sono piene di buche. In occasione della giornata della memoria, le più alte cariche dello Stato hanno fatto capire che è sbagliato dire che Benito Mussolini fece anche cose buone volendo negare l’evidenza, o meglio, volendo negare un’opinione anche abbastanza diffusa ma che comunque non dovrebbe costituire una priorità di dibattito per il Paese.

L’altra sera gli antagonisti del centro sociale “Hobo” di Bologna hanno fatto irruzione nella sede del Partito Democratico in zona universitaria nel completo silenzio dei media mentre noi ancora parliamo della vicenda di Como in occasione della quale un gruppetto di neonazi entrò nella sede di una associazione pro migranti e si limitò a leggere un proclama contro l’invasione. Inutile parlare di Gene Gnocchi autore di un gesto ignobile passato sotto il silenzio dei sacerdoti del femminismo per il sol fatto che oggetto dello scherno è Claretta Petacci.

Questi sono solo alcuni fatti di cronaca presi a casaccio dalle pagine dei giornali che apparentemente non hanno nulla in comune ma che in realtà dimostrano quanto siano manipolati i cosiddetti valori progressisti fino a divenire pretesto per sterili polemiche elettorali. Già, perché vien da chiedersi come mai soprattutto in campagna elettorale tutti si riscoprano antifascisti tirando fuori il classico armamentario del perfetto partigiano. Probabilmente la sinistra non ha più nulla da dire o almeno, quando parla di cose concrete come ad esempio le tasse universitarie (lo ha fatto recentemente Grasso), spara sciocchezze ad alzo zero. Il paradosso è che quei valori che la sinistra avrebbe dovuto tutelare onorandone la memoria sono diventati un banner pubblicitario, un pretesto da agitare alla bisogna, un prodotto di merchandising manco fosse la maglietta di Che Guevara. La verità è che la sinistra non crede più a nulla e si vede da come mercifica il proprio credo.

Giusto o sbagliato che sia, la sinistra ha ormai banalizzato il proprio patrimonio genetico tanto da permettersi di usarlo come un fumogeno per coprire le proprie responsabilità di governo, per coprire la propria mancanza di idee, per raccattare qualche consenso evitando di morire del tutto, per nascondere una quotidianità fatta di miserie politiche ed ideologiche. Perché poi alla fine il paradosso è proprio questo: i custodi della repubblica l’hanno resa una macchietta riducendo gli ideali ad una grattachecca da vendere all’assetato avventore.

Aggiornato il 26 gennaio 2018 alle ore 08:11