Secondini e magistrati, evasi e catturandi

Si è cominciato (finalmente!) a parlare, se non altro a parlare, della responsabilità (che c’è ma non si vede ed è come se non ci fosse) dei magistrati per arresti e detenzioni non solo obiettivamente “ingiuste”, ma anche palesemente colpevoli. Si potrebbe e si dovrebbe però  parlare anche di responsabilità per la mancata cattura non già di imputati più o meno correttamente definiti “raggiunti da sufficienti indizi”, ma di condannati con sentenze passate in giudicato, che invece di risiedere nel carcere (affollato, magari, di “sospetti” e “sospettabili” di reati immaginari o di creazione giurisprudenziale) stanno comodamente a casa loro e, peggio ancora in altri luoghi ben in vista a commettere i soliti reati o altri di nuova loro specializzazione.

Mi domando, ci dobbiamo domandare, perché mai un agente di Polizia penitenziaria, cioè un “secondino” alla cui disattenzione, alla cui mancata osservanza di una qualche disposizione regolamentare sia ascrivibile l’involarsi, cioè il prendere il volo, l’evasione, la fuga, seppure destinata a durare due o tre giorni, di un qualsiasi detenuto, debba passare guai, essere imputato di “procurata evasione colposa”, rischiare o beccarsi una condanna, veder troncata la sua povera “carriera” etc. etc. mentre invece uno o più magistrati che lasciano trascorrere anni in attesa di concedere il previsto affidamento in chimerica prova un condannato con sentenza passata in giudicato senza condizionale, il quale approfitta di questa specie di “procurata evasione preventiva” per dare la prova indiscutibile della sua insopprimibile tendenza a delinquere, quei magistrati, che hanno causato e causano alla Società e allo Stato (oltre che alla Giustizia) un danno assai maggiore di quello dell’attimo di distrazione del secondino non debba, non debbano minimamente preoccuparsi. Certo, diranno che sono sopraffatti dal gran lavoro. Ma anche il secondino potrebbe dire altrettanto. E, magari possono “godersi” tranquillamente in diretta televisiva o internet l’indisturbata attività criminale del “catturando” per loro colpa non catturato.

Facevo queste considerazioni perché qualcuno mi aveva fatto presente che quanto da me scritto a proposito delle “voci” di un “pappa e ciccia” del noto Arnone Giuseppe da Agrigento con Vittorio Sgarbi, non sono delle “voci”, ma la voce dello stesso Arnone, propagata da un video sulla sua pagina Facebook. Altro che “voci”! Il sullodato ha proclamato “al volgo ed all’inclita” che Sgarbi aveva avuto con lui, dopo un approfondito scambio di idee e di punti di vista politico-elettorali (tra l’altro ha definito Sgarbi “formato al pensiero di Berlinguer”!?) lo ha “nominato sul campo”, consulente (a titolo generosamente gratuito) dell’Assessorato ai Beni Culturali. Specificando significativamente (e minacciosamente) che ciò ha la specifica finalità di repressione degli abusi edilizi (quell’attività in cui lui, Arnone, si è esibito vestito da sceriffo l’estate scorsa, sdraiandosi in terra per impedire la demolizione di una casa abusiva…).

Insomma, nessuno ha “diffuso voci” di questo suo “legame spirituale” con Sgarbi. Non ce n’era bisogno. La millanteria l’ha fatta, la fa direttamente, pubblicamente. Come la “utilizzi” non lo so. Sono fatti suoi (ma non solo...). Quel che qui ed ora mi preme sottolineare è che alla fine di ogni show telematico, di ogni frase più o meno minacciosa, di ogni millanteria, costituente o meno reato, del suddetto condannato in attesa di “affidamento”, dovrebbe  farsi seguire la scritta, la frase: “l’autore, gli spettatori, i cittadini tutti ringraziano i signori magistrati che signorilmente dimenticando la pratica dell’esecuzione mediante affidamento della sentenza di condanna etc. etc. (e di molte altre sopravvenute e sopravvenienti) hanno consentito e consentono questo edificante spettacolo”.

Aggiornato il 11 gennaio 2018 alle ore 08:31