O liberi o uguali

Giuliano Pisapia abbandona l’idea di creare un’aggregazione a sinistra del Partito Democratico lasciando di fatto il partito di Matteo Renzi monco di un alleato in grado di intercettare il voto progressista.

A questo punto Matteo Renzi dovrà sperare che Pier Ferdinando Casini intercetti il voto di centro mentre dovrà augurarsi che Emma Bonino e alcuni ex di Sinistra e Libertà non facciano troppo male in termini elettorali alla sinistra del Pd. Gongola Pietro Grasso il quale vede allargarsi il perimetro del rassemblement di sinistra che ha deciso di guidare (“Liberi e Uguali”) fino a “Campo Progressista” - il Movimento di Giuliano Pisapia, appunto – i cui orfani vanno ad aggiungersi a “Movimento Democratico e Progressista”, “Sinistra Italiana” e “Possibile” componendo un contenitore che si sarebbe potuto anche chiamare “sfiga e livore” come perfetta sintesi del programma di governo. Il nostro Pietro vede invece “grasso che cola” ignorando – come del resto molti di coloro i quali nel recente passato hanno tentato la via del movimentismo operaista di sinistra – che nel terzo millennio le cose rosse in genere hanno più dirigenti e giornalisti amici che elettori. Ciò anzitutto perché, con buona pace di D’Alema, la sinistra non è certo morta sotto i colpi di Renzi ma si è suicidata sull’altare della supponenza arrogante tipica di chi pensa di avere a tal punto ragione da permettersi il lusso di non osservare la società che cambia determinando così uno scollamento tra la propria visione e la realtà.

La sinistra si è chiusa nei teatri a fare dibattiti, a cambiare speaker, a discutere dottamente non sul mondo ma sul proprio ideale di mondo, ancorandosi ad una triste vena anacronistica che l’ha indotta ad attaccarsi ostinatamente a categorie novecentesche proprio mentre la sua ragione sociale – i nuovi poveri – si era spostata altrove.

Il movimento di Grasso, al pari dei soci fondatori, nasce quindi ideologicamente già vecchio ma soprattutto come reazione di pancia alla vocazione maggioritaria di un Pd il quale, discostandosi dalle posizioni più classiche della sinistra con l’intento di sfondare al centro, pretendeva di trasformare gente come Bersani, D’Alema o Grasso in moderni socialdemocratici. I poverini hanno tenuto fin quando gli è convenuto: quando poi hanno capito che i renziani erano più liberi e loro meno uguali, hanno sbottato mostrando il vecchio volto solcato da un’ideologia dissimulata ma mai sopita.

E allora la sinistra si scinde, si aggrega, si distingue, si batte e si indigna non come segno di brillantezza culturale ma come prova provata della litigiosità interna che si consuma tra prime donne indisponibili a cedere su nulla: adesso è il turno di “Liberi e Uguali”, denominazione che intrinsecamente rappresenta la storica contraddizione della sinistra capace di teorizzare che la libertà possa conciliarsi con l’uguaglianza. Per coloro che sono in malafede precisiamo subito che non si tratta del sacrosanto principio sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani (“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti”) ma della interpretazione distorta che il socialismo reale ha dato di questa eguaglianza trasformandola da eguaglianza dei “punti di partenza” ad eguaglianza permanente.

Per la sinistra, la libertà che si declina nell’eguaglianza è il libertinaggio temperato da un sistema sociale che spoglia i più ricchi per elargire ai poveri (la qual cosa va sotto il nome di solidarietà ed è un concetto sacrosanto), ma anche e soprattutto ai fancazzisti e più in generale a chi pretende garanzie e diritti passando all’incasso senza ritenere di dover dare nulla in cambio alla società.

Vista così è una fregatura, perché la libertà mal si concilia con l’uguaglianza che è una forma di disincentivo a progredire: la libertà si sublima nella diversità, nella capacità del singolo di mettere alla prova le proprie potenzialità inseguendo la fortuna senza doversi sentire in colpa se altri restano indietro, senza doversi sentire additato al grido “anche i ricchi piangano” di bertinottiana memoria.

La libertà nell’uguaglianza è un antico totem della sinistra e si è sempre tradotto in una forma di statalismo adattato al mercato che ti lascia libero di essere migliore degli altri pagando questo tuo peccato originale con forme di mortificazione che vanno sotto il nome di equa distribuzione della ricchezza. Uguaglianza e libertà, tradotto dal gergo rifondarolo significa che tu sei libero di affermarti fino a prova contraria, cioè fino a quando non ti chiederanno di mantenere l’intero mondo fino a svilire i tuoi sforzi. Adotta un punkabbestia, insomma, perché tu sei libero di progredire mentre lui reclamerà prima o poi un’uguaglianza che toccherà a te pagare.

Aggiornato il 12 dicembre 2017 alle ore 11:39