Pericolo: larghe intese

Quello che ha più colpito della polemica di questi giorni sulla preferenza espressa da Eugenio Scalfari fra Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio, è stata la reazione contro il fondatore de “la Repubblica” della sinistra intera.

Infatti, al di là della scelta di Scalfari in un fantasioso gioco della torre, condivisibile o meno ma che possiede sicuramente una dose di realpolitik, c’è da dire che il “veleno” della sinistra non muore mai. Insomma, contro l’ex direttore si è abbattuta l’ira di Dio, oltre che una vera e propria scomunica per il semplice fatto di aver preferito il Cavaliere, considerato da sempre il male assoluto.

Questo fatto che per chi conosce la sinistra e i suoi vizi non è nuovo, dovrebbe invece far riflettere chi all’interno di Forza Italia parla e crede nelle cosiddette larghe intese. Il veleno scagliato contro Scalfari, infatti, è esattamente tutto quello che nel Partito Democratico nei “cespugli” si prova per Berlusconi. Si tratta di una sorta di “dispregio a prescindere” nato a sinistra sin dalla discesa in campo del Cavaliere e ancora oggi nemmeno un po’ sopito.

Certo è vero che Matteo Renzi si è staccato dal coro degli avvelenati contro Berlusconi, ma è troppo poco per avere un briciolo di fiducia sul pensiero complessivo del centrosinistra. Ecco perché non si capisce come sia possibile che, nemmeno tanto velatamente, dentro Forza Italia esista un’anima favorevole alle larghe intese con il Pd. Immaginare di stringere patti di governo o di maggioranza con chi ti vede come il fumo negli occhi (a dir poco) è semplicemente incomprensibile. Sarebbe un suicidio politico, un pataracchio programmatico, un’esperienza devastante così come fu quella del Governo Monti.

Al Paese serve un Esecutivo e una maggioranza coesa e affidabile e, se è già difficile che questo accada fra aree contigue, figuriamoci fra Pd e Forza Italia. A buon intenditor, poche parole.

Aggiornato il 29 novembre 2017 alle ore 21:26