Avviso ai partiti: o cambiate o perisce la democrazia

Le elezioni al X Municipio di Roma (Ostia) ci obbligano a una riflessione sugli umori profondi dei cittadini romani, ma potremmo dire anche degli italiani. Il dato importante non è chi ha vinto, e cioè i 5 Stelle, ma l’altissima percentuale dei non votanti. Al primo turno ha votato il 36 per cento; al ballottaggio il 33 per cento. Per cui, il 67 per cento dei cittadini del Municipio (parliamo di 250mila abitanti) ha disertato le urne.

Molti giustificazionisti dicono che è normale, citando ad esempio l’America, dove sono in pochi a votare. Altri sostengono che sia meglio così, perché non tutti sono in grado di capire la politica. Entrambi sono, nei fatti, coloro che da utili idioti stanno lavorando per distruggere la democrazia. Certamente la partecipazione non può e non deve essere un obbligo ma senza di essa si va verso un sistema autoritario, di tipo autoreferenziale e oligarchico. Se si pensa che il 4 dicembre dello scorso anno al Referendum costituzionale ha votato il 70 per cento degli italiani, vuol dire che gli italiani rifiutano gli attuali partiti, le loro classi dirigenti, e per disperazione fanno proprio il famoso motto “muoia Sansone con tutti i filistei”. Cioè, votano il Movimento 5 Stelle.

I danni e le macerie di questa Seconda Repubblica sono davanti agli occhi di tutti: i partiti sono dei contenitori vuoti, gli scontri politici sono diventati scontri istituzionali che minano la credibilità delle istituzioni agli occhi dei cittadini, i media favoriscono l’antipolitica dilagante, gli stessi partiti usano argomenti contro se stessi pensando a un facile consenso elettorale, invece di riformarsi. La stessa legge elettorale è sintomo di una decadenza di cui i politici non si rendono conto e si aggrappano alla loro autoreferenzialità per mantenere un potere che si sta sgretolando. Cosa fare per evitare il baratro?

Sicuramente c’è la necessità di riscrivere le regole del gioco democratico che sono state demolite in modo casuale in questi 25 anni di falsa rivoluzione, mediante un’Assemblea costituente che armonizzi un sistema proporzionale puro come è l’attuale Costituzione con un sistema elettorale maggioritario. E le soluzioni possono essere varie, considerando che, con queste percentuali di astensioni, hanno certificato il fallimento del maggioritario all’italiana. Si può pensare a un sistema proporzionale puro al primo turno e coalizioni per il premier al secondo turno per garantire la governabilità. Il proporzionale, inoltre, garantirebbe il ritorno a partiti identitari e dunque ritornare a un clima civile dove si vota per e non contro. Altro aspetto importante è il ritorno alla centralità delle politiche per lo sviluppo economico, unica condizione per far crescere l’occupazione che, ovviamente, comporta una rivoluzione culturale della classe dirigente e della nostra burocrazia. Potremmo continuare ad oltranza nell’indicare le priorità di ciò che va profondamente cambiato per ridare fiducia ai cittadini: dalla magistratura alle varie corporazioni, per non parlare della mancanza di politica estera. Ma se l’attuale classe politica non comprende che il Paese chiede una nuova offerta politica fatta di valori e concretezza di essi nell’agire quotidiano, ci aspettano anni duri. Pessimismo, no. Anzi, è proprio l’ottimismo nelle nostre possibilità che ci obbliga a indicare i rischi a una classe dirigente che cerca di tirare a campare.

Aggiornato il 23 novembre 2017 alle ore 12:42