A Viale Mazzini scatta l’incubo Auditel

Era da molto tempo che non succedeva. A Viale Mazzini è scattato l’incubo Auditel. Telefoni che scottano ogni mattina nelle stanze che contano del palazzone dell’azienda della radio e della televisione pubblica. Da viale Mazzini a via Teulada, sede ormai di poche trasmissioni, dalla cittadella dell’informazione di Saxa Rubra.

Il calo di Raidue e Raitre, le crescenti difficoltà dei tre canali radiofonici, il mancato sviluppo di Rainews 24, le difficoltà di Raisport che ha chiuso il Canale 59, il sorpasso in molte regioni delle tivù private sull’informazione regionale inducono molti ambienti della tv pubblica a riflettere su cosa non va.

Analizzando i dati dei primi 9 mesi del 2017 rispetto a quelli del 2016 solo la rete ammiraglia sembrava poter vantare un piccolo miglioramento (16,38 di share rispetto al 15,63 per cento) mentre le altre due reti sorelle segnavano un piccolo arretramento. La Rai tuttavia restava saldamente in testa come primo gruppo italiano.

Le critiche si sono appuntate soprattutto sui programmi di largo ascolti. Male “La vita in diretta” condotta da Marco Liorni e Francesca Fialdini battuta dal pomeriggio di Barbara d’Urso. Non bene la grande scommessa di Rai 2 “Nemo” superata da “Piazza Pulita” di Corrado Formigli su La7. Non decolla, nonostante il varo di un anno fa, “Cartabianca” di Bianca Berlinguer sulla Terza Rete che non regge il confronto con DiMartedì di Giovanni Floris su La7.

A Viale Mazzini nessuno però si aspettava le ampie critiche sui due programmi di Fabio Fazio (molto costosi) che avrebbero dovuto rafforzare la programmazione di Raiuno. Il trasloco da Raitre non è stato felice. Dopo tre puntate con ascolti in calo una nota del sindacato dei giornalisti Rai (Usigrai) mette in evidenza il clima che si respira. “Tre puntate sempre più giù, è scritto, è il risultato preoccupante della strampalata trasmissione di Fazio: perdere in questo modo la prima serata della domenica è pericoloso”.

Alcune delle cause sono attribuite al balletto dei vertici a partire dalla sostituzione del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto. A stretto giro di tempo se ne sono andate due direttore (Daria Bignardi e Ilaria Dallatana), i direttori di Raiuno e Raidue si sono scambiati di posto con Angelo Teodoli che passa alla Rete ammiraglia e Adriano Fabiano scende alla seconda rete. Sale Roberta Enni che è andata a gestire Rai Gold. Nessun incarico invece ancora per Milena Gabanelli dopo la decisione di mettersi in aspettativa senza stipendio.

È scoppiata anche la polemica su Bruno Vespa per il suo contratto da artista e non da giornalista. E sugli approfondimenti il consigliere Cda Arturo Diaconale chiede un maggior equilibrio e pluralismo. “Il dg, ha osservato, si è impegnato a realizzare su Rai 2 in prima serata un programma che bilanci la stra-presenza della cultura egemone politicamente corretta”.

A metà maggio aveva lasciato il Cda Paolo Messa con una lettera alla presidente Monica Maggioni. All’inizio dell’anno se n’era andato il giornalista Carlo Verdelli, ex Corriere della Sera, non riuscendo a portare avanti la riforma dell’informazione del servizio pubblico, il progetto di accorpamento dei telegiornali.

Lo scenario nel quale opera la televisione pubblica sta cambiando profondamente. Negli ultimi 3 anni la tivù ha perso circa un milione e mezzo di ascoltatori scendendo a poco più di 23 milioni. L’altro aspetto è il calo degli introiti pubblicitari. La tv generalista ha fatto finora la parte del leone, ora non è più così. La Rai è salvata dal Canone (ridotto a 90 euro l’anno dai 113,5 del 2015) pagato nella bolletta elettrica che ha quasi azzerato l’evasione. Un quadro complesso che fa discutere.

Aggiornato il 18 ottobre 2017 alle ore 11:30