Dibba-papà

Vedere in televisione il volto umano (da neo-papà, nella fattispecie) di un esponente del Movimento 5 Stelle è come assistere a un abbraccio fraterno tra Massimo D’Alema e Matteo Renzi. Eppure Alessandro Di Battista, l’altro giorno ospite da Lucia Annunziata, è riuscito a mostrare ai telespettatori proprio il suo volto umano, già poco lucido di suo ma ancor di più dopo la nascita dell’erede (al quale non possiamo, comunque, non esprimere la nostra solidarietà per cotanto padre).

Nonostante il lieto evento che lo ha coinvolto in prima persona, il “Dibba” ci ha lasciato perplessi soprattutto per una bizzarra teoria che proviamo in questa sede a sintetizzare: il M5S ha il 25 per cento dei voti ed è il partito (“Movimento” dicono loro) più votato, mentre gli altri cercano le alleanze tra loro per fotterli. In altri termini, i grillini non vogliono allearsi con nessuno e, nel contempo, hanno la pretesa di governare con una percentuale (sulla carta) di voti che maggioranza non è.

Dibba-papà è sicuramente uno dei pezzi da novanta del movimento grillino, ma dovrebbe spiegarci come può pensare che la democrazia possa prevedere il governo di uno schieramento che rappresenti il 25 per cento dei voti. E dovrebbe spiegarlo, tra una poppata e l’altra, soprattutto all’altro 75 per cento che per il M5S non vota. Capiamo che il concetto di “democrazia” in casa grillina sia, a dir poco, piuttosto flessibile/discutibile, ma si ritiene che pretendere di governare il Paese con il 25 per cento dei consensi sia quanto meno eccessivo.

Aggiornato il 11 ottobre 2017 alle ore 09:32