“Consipmania”

“Usi obbedir tacendo e tacendo morir”. Oggi quel motto vale ancora per la gloriosa Arma dei carabinieri? Il verminaio del caso Consip (la centrale unica degli acquisti nella Pubblica amministrazione) si è persino insinuato negli alti comandi, se è vero che il comandante generale dei carabinieri deve rispondere della violazione di segreto istruttorio, per aver avvisato un indagato di essere intercettato dalla Procura di Napoli.

Un altro generale dei carabinieri, comandante della Regione Toscana, avrebbe poi consigliato al padre di Matteo Renzi, Tiziano, di non parlare con Alfredo Romeo, imprenditore e allora principale indagato dell’inchiesta suddetta. Altri due ufficiali superiori, il colonnello Sergio De Caprio - meglio noto come “Capitano Ultimo” - e il suo più stretto collaboratore, oggi maggiore Giampaolo Scafarto (che la Procura indaga per falso), non avrebbero informato i superiori gerarchici su aspetti rilevanti del caso Consip.

Ancora: il Nucleo operativo ecologico (Noe) dei Carabinieri, che impropriamente svolge indagini per reati contro la pubblica amministrazione su incarico di un magistrato a sua volta inquisito per reati gravi, come il falso e la rivelazione di segreto istruttorio e per di più indagato dal Csm avendo trattenuto fascicoli non di sua competenza. Il capitano del Noe Scafarto e il suo diretto superiore De Caprio (rimosso dal comando del Noe a seguito dell’iniziativa della Procura di Roma, che indagava per gravi errori nelle trascrizioni delle intercettazioni su Consip) che sproloquiano con il Procuratore capo di Modena, titolare di un’altra inchiesta collaterale, in violazione dei propri doveri di riservatezza, esulando gravemente dalla prassi e dai metodi di indagine ordinari. Per fortuna, nel frattempo, la fase processuale ha visto uno dei principali indagati, Marco Gasparri, patteggiare una pena di un anno e otto mesi di carcere per corruzione, con obbligo di restituzione dei 100mila euro ricevuti dall’imprenditore Romeo, mentre Tiziano Renzi resta comunque indagato per traffico di influenze.

Molto, se vogliamo, per quanto riguarda il lato “sano” dell’inchiesta Consip. Desta meraviglia tuttavia la richiesta del colonnello De Caprio, che chiede un pubblico confronto e si rivolge sprezzante a ipotetici interlocutori politici, ergendosi a difensore del popolo e dei cittadini indifesi, come un nostrano Otelo de Carvalho (cit. Massimo Bordin, da “Il Foglio” del 16 settembre), protagonista nel Portogallo post-Salazar di un mancato colpo di stato militare. Così, due pilastri assoluti del garantismo democratico, l’Arma e la magistratura nel suo complesso, vengono fuori malissimo da una vicenda che trasuda veleni da ogni lato. Torno a chiedere al Consiglio superiore della magistratura, come feci anni fa: ma i magistrati non sono dirigenti dello Stato come tutti gli altri e, come tali, soggetti ai controlli di gestione, per incrociare i risultati ottenuti con l’utilizzo delle risorse a loro disposizione?

Bene: quali sono le regole, i modelli e gli indicatori adottati dall’organo di autocontrollo della magistratura? Quando si scrivono magistrati della stessa Procura su materie di competenza disciplinare del Csm, perché la corrispondenza relativa non viene obbligatoriamente trasmessa a quest’ultimo per conoscenza? Rimedi nell’immediato? Potenziare il potere disciplinare dei comandanti generali, affinché decidano chi è degno di stare dentro e chi fuori. E chi sarà stato congedato, al più, potrà ricevere un equo indennizzo senza reintegro, se la misura punitiva sia stata ritenuta ingiusta dal giudice di merito.

Aggiornato il 20 settembre 2017 alle ore 21:55