Atac: “non mi convince il referendum radicale”

mercoledì 9 agosto 2017


Non ho sottoscritto la richiesta di referendum sul trasporto pubblico locale di Roma perché questa volta l’iniziativa degli amici radicali non mi convince. Sono d’accordo in termini di principio alla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, anche se dovremmo prendere atto che tutte le privatizzazioni fatte in Italia negli ultimi anni sono state un disastro per lo Stato.

Da consigliere regionale, nel 2006, feci approvare l’unica norma che ha operato una piccola liberalizzazione nel settore del trasporto pubblico, quella che consente agli ncc di fuori Roma di fare servizio nella Capitale. Cosa che suscitò forti proteste, che durano ancora oggi, da parte della categoria dei tassisti. Non solo, ma nel 2008 ho presentato anche una proposta di legge per la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, con la previsione di gara per la gestione dei servizi: È rimasta lettera morta e non sono riuscito neanche a farla discutere dalla commissione.

Quello che non mi convince dell’iniziativa degli amici radicali è il contesto e il contorno. Il contesto perché con la crisi finanziaria dell’Atac ho l’impressione che il referendum possa portare al fallimento della municipalizzata della Capitale, cosa che graverebbe sulle finanze dei cittadini, e l’assegnazione del servizio a privati o alle Ferrovie dello Stato, che era poi l‘obiettivo anche bipartisan di una mozione discussa in Senato non più tardi di qualche mese fa.

Teniamo conto che oltre il 20 per cento del trasporto pubblico di Roma è stato privatizzato ed affidato con gara ad una società che per molti aspetti fa rimpiangere persino l’attuale servizio dell’Atac. Non mi piace poi il contorno, perché quando vedo il sostegno di esponenti di partiti che hanno gestito per anni il tpl di Roma mi vengono molti ma molti dubbi.

Comunque il referendum può essere l’occasione per discutere in maniera seria del problema facendo anche luce sul forte indebitamento dell’Atac. Io credo che bisogna prima tentare di risanare l’Atac, seguendo i consigli degli ultimi amministratori, scegliendo quindi la strada del concordato preventivo per evitare il fallimento, e dopo pensare alla gara, dando quindi alla municipalizzata la possibilità di gareggiare.

Prima della gara bisogna poi stabilire regole certe per l’esercizio del servizio e i costi, che è una questione importantissima di cui nessuno parla. Per fare un gara bisogna stabilire il quantum e probabilmente scopriremmo che gli attuali trasferimenti e gli incassi della bigliettazione non bastano a coprirlo.

Il debito dell’Atac è imponente, si aggira intorno a 1,3 miliardi di euro, e sicuramene è dovuto alla cattiva amministrazione dell’azienda, considerata una mucca da mungere per costruire consenso, ma nessuno dice che il debito è anche frutto di un fondo sottostimato che viene trasferito alla Capitale, inferire a quello per esempio di Milano. Nell’attuale dibattito di questo nessuno parla e soprattutto nessuno dice che i tagli operati dalla Regione Lazio dal 2011 ad oggi sono stati ingenti ed hanno contribuito in maniera determinante al tracollo finanziario dell’azienda. Lo Stato trasferisce alla Regione Lazio la propria quota del fondo nazionale trasporti che è pari a circa 600 milioni l’anno. Roma Capitale rappresenta circa il 60 per cento del trasporto regionale e quindi dovrebbe ricevere non dico la stessa percentuale ma almeno un po’ di più della metà del fondo regionale e invece riceve una cifra di molto inferiore a quella dovuta.

Rispetto al trasferimento, dalla Regione a Roma, del 2011 pari a 305 milioni, in linea con un parametro accettabile per la Capitale, nel 2012 il fondo è sceso a 218 milioni (-28,50 per cento), nel 2013 addirittura a 100 milioni (-67,20 per cento), nel 2014 a 140 milioni (-54 per cento), nel 2015 a 180 milioni (-41 per cento), nel 2016 a 220 milioni (-27,90 per cento) e nel 2017 a 240 milioni (-21,30 per cento). Un taglio complessivo pari a 732 milioni, che è più della metà dell’attuale debito dell’Atac.

Non è un caso allora che l’attuale presidente della Regione, Nicola Zingaretti, ha sempre detto no alle richieste del sindaco Ignazio Marino, del suo stesso partito, all’intesa, prevista dal decreto su Roma Capitale, per poter accedere direttamente al fondo nazionale del trasporto locale, trattando direttamente con il Governo nazionale, senza andare con il cappello in mano alla Pisana.

(*) Già consigliere regionale


di Donato Robilotta (*)