Per paura e non per convinzione

sabato 29 luglio 2017


La legge della quale  Matteo Richetti si è appropriato non vedrà mai la luce, al Senato si impantanerà e finirà in un binario morto in attesa della chiusura della legislatura. Del resto quando solo per paura dell’esasperazione popolare si cerca rozzamente di acquisire consenso, il risultato non può essere diverso. Richetti, infatti, anziché affrontare il tema dello status economico dei parlamentari in modo complessivo, articolato e ragionevole, è corso dietro ai grillini e al furore popolare verso la politica.

Ecco perché la proposta approvata alla Camera è talmente rozza, incompleta e disarticolata da non avere alcuna speranza di arrivare in fondo. Il problema che Richetti, il Partito Democratico e tanti altri, fanno finta di non vedere, non è solo quello dei vitalizi, ma quello di affrontare una volta per tutte la distinzione fra status economico e status politico dei parlamentari. Se, infatti, è ovvio che un deputato abbia una serie di garanzie, privilegi, immunità nell’esercizio politico della sua funzione, non è ovvio che ne abbia altrettanti di tipo economico.

Non si capisce insomma il perché in aggiunta a uno stipendio complessivamente più che pingue, i parlamentare debbano avere “coccole” da eredi al trono. Parliamo di privilegi bancari, assicurativi, sanitari, assistenziali e chi più ne ha più ne metta, fino ovviamente a quelli previdenziali, dicasi vitalizio. In buona sostanza la Costituzione recita che il parlamentare va protetto politicamente, ma non recita da nessuna parte che va protetto e favorito economicamente. Tant’è vero che l’infinita serie di vantaggi, di coccole e di privilegi economico-finanziari sono il frutto di decisioni regolamentari interne alle Camere e non obblighi costituzionali.

Ecco perché intervenire maldestramente sui vitalizi, senza avere il coraggio di affrontare il tema nella sua interezza con un provvedimento “quadro”, è semplice demagogia anche un po’ ipocrita. Ma volendo allargare ancora di più l’argomento in termini di rispetto costituzionale, oltreché di equità sociale, bisognerebbe concentrarsi sul tema pubblico e privato. Innanzitutto, perché molti contratti pubblici sono spudoratamente privilegiati rispetto a quelli privati? Perché i dipendenti pubblici possono avere mutui, prestiti, finanziamenti a condizioni e tutele decisamente migliori dei privati?

Perché alcuni organismi, enti, istituti di Stato hanno stipendi, progressione di carriera, incentivi, incredibilmente favorevoli rispetti al settore privato? Insomma, perché i “servitori dello Stato” pagati con risorse pubbliche e dunque collettive, devono avere alcuni trattamenti di serie A rispetto a tutti gli altri? E come mai si fa finta di non vedere che magari è anche per questo e cioè per troppe protezioni, che alla fine “l’apparato pubblico” è diventato una fornace di costi, sperperi, trascuratezze e debiti? Richetti dovrebbe sapere che il furore popolare generato non è per i vitalizi in quanto tali, ma per uno sfascio complessivo della macchina statale, che la politica non corregge perché non ha né la forza e né il coraggio per farlo. Ecco perché quando la politica solo per paura insegue la protesta che essa stessa ha generato, ottiene l’effetto contrario.

Per abbassare la temperatura e addolcire gli animi, anziché fare finta, si affronti la questione fiscale, occupazionale, burocratica, pensionistica, l’immigrazione e la sicurezza. Come fa la maggioranza a non vedere il caos fiscale, a non vedere le liti, i rateizzi, i ricorsi e il groviglio di tasse che avvelena la gente? Come fa la maggioranza a non vedere i disservizi pubblici, gli enti inutili, le aziende colabrodo e municipalizzate che generano solo costi e debito? Come fa la maggioranza a non vedere una giustizia ingiusta, lenta e così lontana da chi sta dalla parte della ragione? Come fa infine la maggioranza a non vedere che guaio si è creato con la politica dissennata dall’accoglienza senza limiti?

Ecco perché il problema, tornando a Richetti, sul quale sia chiaro nulla di personale, non è legiferare per timore, ma aprire gli occhi sul Paese reale e provvedere come serve, ammesso che se ne abbia la forza e il coraggio...


di Elide Rossi/Alfredo Mosca