Legge elettorale: prime schermaglie

È all’insegna delle schermaglie la ripresa del confronto sulla legge elettorale. Pd, M5s e Forza Italia mettono sul tavolo le rispettive condizioni, apparentemente poco conciliabili. Eppure traspaiono delle aperture che forse solo a settembre si capirà se si concretizzeranno. Il grande tema di fondo, infatti, quello delle coalizioni, potrà essere definito solo dopo che centrosinistra e centrodestra avranno sciolto il rebus sul piano politico. Dopo che Matteo Renzi sabato ha aperto al confronto per una legge scritta “assieme a Grillo e Berlusconi”, Forza Italia è stata la più veloce a posizionarsi, con Renato Schifani che ha chiesto di “ripartire” dalla legge proporzionale su cui a giugno si era raggiunto l’accordo, poi naufragato sotto i voti segreti. Ma M5s frena e con Danilo Toninelli ricorda tale “naufragio” addossandone la colpa al Pd: “Bisogna tornare al Legalicum, cioè applicare la riforma uscita dalla Corte anche al Senato”, ha aggiunto. Cioè un proporzionale con premio alla lista (e non alla coalizione) vincente, se raggiunge il 40 per cento, che M5s potrebbero proporre di far scendere al 37-38%.

Uno schema che non dispiace a Renzi ma inviso a Forza Italia: almeno finora, perché i sondaggi (oggi quello dell’Ipsos) danno un centrodestra unito è al 35 per cento, non lontano da quelle soglie. Il tema dunque è se centrosinistra e centrodestra vogliono presentarsi in coalizione o come singoli partiti, e quindi col proporzionale. A sinistra Giuliano Pisapia sogna ancora una larga coalizione, come ha dimostrato venerdì partecipando alla festa del Pd di Milano, e con lui le componenti del Pd che fanno capo ai ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando, e a Michele Emiliano. Ma Mdp di D’Alema e Bersani frena, puntando ad una lista a sinistra del Pd, distinta e distante dai Dem. E Maurizio Martina, vicesegretario del Pd ha ammesso che sarà “difficile” un cambio di posizione sul premio di coalizione. Per ora la questione è inevasa tra i Dem anche perché non dipende solo da loro l’esito. Il capogruppo Ettore Rosato ha ribadito la volontà di dialogare “con tutte le forze politiche”. con cui “condividere” il testo: cioè anche altri rispetto a Forza Italia, M5s e Lega che avevano sottoscritto il patto a giugno. Una delle ipotesi per coinvolgere “tutti” è abbassare dal 5 al 4 per cento la soglia di sbarramento.

Questo sarebbe gradito ad Ap e ai centristi, allentando la tensione sulla Legge di Bilancio, come auspica il premier Gentiloni. Inoltre l’ingresso nel futuro Parlamento di una forza centrista darebbe più possibilità alla formazione di una coalizione post-elettorale, se dalle urne non uscisse un vincitore. E una maggiore flessibilità in tal senso faciliterebbe il lavoro del presidente Mattarella. Per ora Ap è sul “chi va là” e infatti Angelino Alfano accusa Pd e Forza Italia di volersi accordare in vista di un accordo dopo le elezioni. L’altra ipotesi, sollecitata da Toninelli, è introdurre nel Fianum (la legge su cui ci si era accordati), il voto disgiunto tra collegi e liste proporzionali, come piace anche a Mdp. Un allargamento a sinistra del consenso ma su una soluzione che non piace affatto al Pd, in questo caso unito da Renzi alle minoranze.

Aggiornato il 24 luglio 2017 alle ore 10:45